Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 71

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La «boria delle nazioni»
etnos
maggiore”, per così dire, a ciò che è stato definito nei termini
della “nazione culturale”, meglio che “letteraria” (Fumaroli)
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.
A tali tipi generali aggiungerei (accennando soltanto alla religio-
sa “patria celeste”, che richiede la fedeltà alla comunità dei credenti
nelle forme della chiesa, della confessione, della setta, ma propo-
ne in età moderna anche il modello della fedeltà alla coscienza in
colloquio con Dio) quello della “patria universale”, ravvisabile poi
in un più generale e generoso tipo, modello, universalistico della
“comune patria umana”, magari anche “politica”, come in un più
limitato tipo, modello, della “patria universale dotta”. Nel primo
caso abbiamo a che fare con diverse espressioni del cosmopoliti-
smo o dell’universalismo moderno (dal cosmopolitismo moderno,
come quello neostoico di Giusto Lipsio, all’universalismo umano-
logico di tenore illuministico e /o di matrice o impronta cristiana,
come quello di Giambattista Vico, ma pure di numerosi altri autori
settecenteschi) in linea di massima resi affini dall’attitudine critica
verso le angustie delle patrie locali e nazionali, ma anche verso le
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Per avvicinarci ad un discorso di mitografia patriottica che qui particolar-
mente ci interessa, così il discorso mitizzante dell’antichissima sapienza e civiltà
italica – interno, si è detto, ad un linguaggio “fondativo-genealogico”, “legitti-
mistico” (e tendenzialmente tradizionalistico) – poteva legarsi alla cifra di una
“patria italica” giocata entro una non semplice rete di identità patrie, nell’intrec-
ciarsi o intersecarsi di forme di rappresentazione identitaria “patriottico-politi-
ca”, per così dire, e di rappresentazione “patriottico-filosofica”: relative a patrie
nazionali-statuali (come il Regno di Napoli), ma anche, e in primo luogo, a patrie
culturali, più ristrette (come la calabrese, la magno-greca, la meridionale, etc.) o
più larghe (la patria italiana). Come è ben noto, tale discorso mitico (di un “mito
storico-filosofico” di significativa valenza anche politica), specie nella versio-
ne del modello etrusco-pelasgico, avrebbe poi alimentato in età risorgimentale,
lungo la linea “Vico-Cuoco-Gioberti”, le “borie” di un primato tutto italico da
rivendicare per l’unità nazionale italiana. Ma quel genere di discorso avrebbe
alimentato anche “borie” meridionali più locali (come – per fare un esempio –
nel caso del “modello siciliano”, per il quale uno studioso come Scinà avrebbe
utilizzato Empedocle). Sul discorso genealogico-legittimistico nella costruzione
di una tradizione filosofica “italica”, “meridionale”, o “italiana”, mi sono già
soffermato in particolare in un lavoro al quale qui rinvio anche per i riferimenti
alla relativa bibliografia: E. Nuzzo,
La tradizione filosofica meridionale
, in
Storia del
Mezzogiorno
, vol. X, tomo 3, Napoli, Edizioni del Sole, 1992, pp. 17-127.
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