Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 62

Enrico Nuzzo
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tenere presente – quale che sia la condivisione dell’insieme delle
loro tesi o di alcune di esse – le posizioni degli studiosi che hanno
allargato la loro ricerca sia nel senso di estenderla ad ambiti più lar-
ghi (le nazioni prima dell’Europa, fuori dell’Europa), sia nel senso
di perseguirla con interessi teorici e premesse metodiche diversi da
quelli tradizionali della storia politica, della storia della cultura, etc.
(come la sociologia storica, etc.).
È da tale base che essi hanno rivolto le loro critiche alle tesi dei
“modernisti”, secondo le quali, come è noto, di idea di nazione in
senso proprio, in senso moderno, si può parlare soltanto a partire
dalla teorizzazione, e in effetti “invenzione”, delle nazioni (dive-
nute sovrane, popolari, etc.) nella stagione dell’ultimo Settecento
e poi del primo Ottocento, l’inizio dell’«epoca assiale» delle na-
zioni, come è stata chiamata
6
. In effetti allora si sarebbe prodotta
una vera e propria “invenzione” delle nazioni, un punto sul quale
6
Si veda H. Schulze,
Staat und Nation in der europäischen Geschichte
, München,
C.H. Beck, 1994; tr. it. a cura di D.M. Carbone,
Aquile e leoni. Stato e nazione in
Europa
, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 161 sgg. In tale epoca – opportunamente
sottolinea l’autore – si ha «l’invenzione delle nazioni popolari», in problematico
rapporto con la loro effettiva «realtà». Sarebbe troppo lungo e complesso un pur
sintetico discorso organico sull’annosa e sempre problematica questione delle
nazioni, e quindi sull’ambito di studi e discussioni attorno all’idea moderna di
“nazione”, o di “patria-nazione, al lessico concettuale moderno della nazione
che si apre alle idee delle “nazioni spirituali”, “individualità storiche”: un discor-
so che implicherebbe un resoconto di aggiornamento e rivisitazione in relazione
a diverse direttrici di studio, ad alcune delle quali si è cominciato ad accennare.
Senza risalire troppo indietro – a importanti posizioni e celebri pronunce di
Renan (le nazioni sono essenze spirituali sorrette dalla forza e dalla continuità
di una coscienza nazionale), o di Croce o di Meinecke (i due ultimi dimenticati
da Schulze) – si può riandare, per cominciare, al ben noto (almeno nella storio-
grafia italiana) paradigmatico quadro storiografico “modernista” tracciato con
nettezza, anche se con la problematicità propria della sua magistrale sensibilità
storica, da F. Chabod,
L’idea di nazione
, Bari, Laterza, 1961 (ma elaborato negli
anni ’40): un lavoro largamente condizionato dal problema dell’unità nazionale
italiana, del «costituirsi di un’Italia
politica
, e non solo geografica, linguistica e cul-
turale» (ivi, p. 47), quindi del passaggio dopo il periodo francese dalla “nazione
culturale” a quella “territoriale”. Su significati, fortuna, etc., di questo importan-
te testo cfr. M. Herling - P.G. Zumino (a cura di),
Nazione, nazionalismi ed Europa
nell’epoca di Federico Chabod
, Firenze, Olschki, 2002.
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