Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 57

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La «boria delle nazioni»
ra da compiere un’indagine organica sulle persistenze, ancora non
poco significative, nella cultura settecentesca di simili elementi di
tale “linguaggio”, pur tanto in essa contrastato, combattuto
5
.
storia dell’umanità che della teoria dei climi: una voce aperta e tollerante come
tante di diverse stagioni della cultura araba di ispirazione mussulmana. Mi è par-
so che essa meritasse di essere prescelta in particolare come esempio ragguarde-
vole di decostruzione di una delle principali modalità attraverso le quali la «boria
delle nazioni» ha operato nei secoli, vale a dire vincolando i caratteri dei popoli
ad un assoluto e “responsabilizzante” fissismo di matrice naturale o religiosa.
La posizione di Ibn-Khaldûn (del semita, bianco, Ibn-Khaldûn), merita senz’al-
tro di essere richiamata per la peculiare attestazione di come la teoria climatica
alla quale faceva ampio riferimento da un lato consentisse chiare espressioni di
“patriottismo” (in tal caso un patriottismo arabo e mussulmano analogo a molti
altri che potrebbero essere richiamati), dall’altro però richiedesse di disporle
entro una ricerca di leggi universali (nell’autore dei
Muquaddima
molto aperta, ed
estesa allo studio programmatico degli sviluppi delle forme della civiltà umana),
che comunque – questo è il punto che qui ci interessa – non vincolavano i carat-
teri dei popoli ad un fissismo religioso. Dal primo punto di vista Ibn-Khaldûn
non a caso individuava nell’Iraq e nella Siria «i paesi più temperati di tutti», ed
accostava paesi quali lo Yemen e l’Arabia alla «regione temperata», in ragione
della loro «posizione centrale» e dell’azione dei «venti marini», o si sforzava di
sottolineare i fattori di vicinanza al Maghreb delle terre poste al sud di questo
abitate da popoli convertiti all’Islam, nel mentre i turchi, accostati agli slavi,
venivano “settentrionalizzati” (cfr. Ibn Khaldûn,
Discours sur l’Histoire universelle.
Al-Muqaddima
, traduit de l’arabe, présenté et annoté par V. Monteil, troisième
édition revue, Arles, Éditions Actes Sud, 2007, pp. 128-129. Si tratta del cap. III
della parte I:
Le regioni temperate e le altre. Dell’influenza dell’aria sul colore della pelle
. La
traduzione dal francese è mia. Tengo presente anche l’ed. in inglese
The Mukad-
dimah. An Introduction to History
, New York, Bollingen Foundation, 1958, vol.
I, pp. 168-169). Dal secondo punto di vista – che a noi qui interessa maggior-
mente – la posizione di Ibn-Khaldûn si distingue per l’ampiezza di vedute che
connota in lui la riproposizione della teoria dei climi, ripetutamente chiamata a
contrastare quella “teologico-antropogonica”, e per l’esplicita messa in gioco
di un’antropocentrica boria delle nazioni. In particolare rispetto ai negri (per
diverse costruzioni esplicative i candidati maggiormente “naturali” alla schiavi-
tù), la spiegazione climatica doveva essere ben distinta da quella infondata della
maledizione della discendenza di Cam. Alla radice di quella boria v’è il mecca-
nismo del pregiudizio etnocentrico che Ibn-Khaldûn individuava acutamente
a proposito della stessa tematizzazione e messa in campo del colore della pelle
(Id.,
Discours…
, cit., pp. 129-132;
The Mukaddimah…
, cit., vol. I, pp. 169-170).
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Per venire un momento alla cultura meridionale settecentesca, ancora in
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