Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 59

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La «boria delle nazioni»
sti a criteri di presunta rigorosa misurazione quantitativa da parte
della nuova antropologia somatica. Una boria sulle cui espressioni
dovrebbe essere inutile aggiungere qualcosa specialmente dopo le
evoluzioni dei suoi fondamenti teorici e le esperienze massima-
mente terribili del XX secolo, e le cui insidie non si sono certo
spente in ragione dell’assoluta indifendibilità sul piano scientifico
di ogni sua premessa.
Ad un tipo generale del “linguaggio storico”, connotabile come
“storico-mitografico”, possono essere ascritte diverse forme di
produzione dei caratteri delle nazioni e relative “borie”.
Una forma di mitografia storica nella quale risulta estremamen-
te importante l’elemento fondativo, genealogico, anche in senso
lato “legittimistico” (allorchè risulta essenziale l’elemento “alto”,
possente o glorioso, del momento genealogico) caratterizza i miti
storico-politici della fondazione delle forme politiche, in uno con
i caratteri dei rispettivi popoli, e le relative borie. Si tratta della
forma di boria, poggiata sul modello del valore della più lontana
genesi e della lunga durata, che sottostà a tanti discorsi narrativi di
ordine genealogico, di mitografiche remote fondazioni del potere
di città, nazioni, dinastie, etc., di discorsi che evidenziano il titolo di
grandezza o legittimità di quelle nella loro riconduzione a politici
eroi fondatori (Minosse per i cretesi, Licurgo per gli spartani, etc.),
o a tanto numerosi “Ercoli” o figure tributarie verso il modello
virgiliano dell’
Eneide
della “fondazione di origine troiana”.
In particolare nell’orizzonte delle società di
ancien régime
il tenore
“legittimistico” del senso della temporalità di una larga produzione
mitografica investe oltre che una certa “boria delle nazioni” an-
che, intrecciata a sue declinazioni, una peculiare “boria dei dotti”.
In tal senso si valgono di un’aura genealogica remoti “eroi dotti”
fondatori di forme di sapienza speculativa, come il Pitagora della
narrazione mitica della meridionale “antichissima sapienza italica”
(che il “primo Vico”, come si ricorderà tra poco, riprese, rielabo-
rò e trasmise a successive rimodulazioni, prima della cultura del
Regno di Napoli e poi di quella della rivendicazione di primati del-
le antichissime glorie della civiltà italiana che aspirava a diventare
nazione politica).
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