Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 64

Enrico Nuzzo
64
In verità, restando all’interno del “paradigma europeo”, mi pare
che si possa salvaguardare la sostanza dei risultati ai quali è pervenu-
to l’insieme degli studi qualificabili come modernisti in ordine alle
note di marcata novità, anche di
coupure
, registrabili nel passaggio
dai caratteri politico-statuali come culturali delle nazioni “primo-
moderne” a quelli delle nazioni compiutamente “moderne” forma-
tesi, anche sulla base di un’attività mitopoietica di “invenzione”, a
partire dalla fine del XVIII secolo. Il che non significa assolutamen-
te disconoscere l’importanza di una grande varietà di realtà, forme,
idee, di nazione e di patria, già a partire dalla dissoluzione delle
forme imperiali nel Medioevo, dalla rottura in esso della solidarietà
tra potere dell’
imperium
e potere sacerdotale
8
, e dunque, se si vuole,
tra “gruppo interno” e “gruppo esterno”?).
8
Disconoscimento che peraltro implicherebbe «respingere o vanificare» sen-
za sostanziose ragioni il «modello interpretativo della storia europea in quanto
storia di nazioni, elaborato soprattutto (ma non esclusivamente) dalla grande
storiografia dell’età romantica», come opportunamente osserva G. Galasso,
L’I-
talia nuova. Per la storia del Risorgimento e dell’Italia unita
, tomo V, Roma, Edizioni di
Storia e Letteratura, 2012; Id., «L’Italia s’è desta». Tradizione storica e identità
nazionale, Roma, Edizioni Storia e Letteratura, 2012, p. 9. Limpide le pagine
di Galasso (cfr. ivi, pp. 52 sgg.) sulle componenti (realtà linguistica, tradizione
culturale, sedimentazione antropologico-culturale di mentalità e comportamen-
ti, eredità di ricordi comuni, sistema di valori consolidati, struttura di interessi
materiali convergenti, base geografica, sentimenti patri, etc.) che soltanto unite
in una certa (mutevole) «combinazione» concorrono adeguatamente a costituire
un fenomeno nazionale, e poi l’idea “avanzata” di nazione moderna, nella quale
è essenziale infine «un’accentuazione in senso etico e politico degli elementi
operanti nella sua formazione» (
ibidem
). D’altra parte se, come la creazione dello
stato nazionale, l’«idea di nazione» (della nazione di cui si è detto) è «tipicamen-
te europea» (ivi, p. 53), sembrerebbe tautologicamente preclusa la possibilità
di fare ricorso ad un impiego più aperto del concetto che comprenda
anche
le
esperienze della nazione europea. Resta aperta la discussione sui significati dei
termini ebraici che si incontrano nel vecchio testamento di
g
ô
y
e
‘am
(
ethnos
in
greco,
natio
o
gens
in latino), ma si può respingere
a priori
la riconducibilità del
caso del sentimento identitario del popolo ebraico sotto lo spettro semantico
e concettuale della nazione? E ciò vale per altre esperienze identitarie non eu-
ropee. Con simili considerazioni mi sono alquanto allontanato dai più consueti
tracciati di una specifica ricerca storiografica tenendo a mente l’occasione di
questo convegno scientifico, largamente attento alla fenomenologia contem-
1...,54,55,56,57,58,59,60,61,62,63 65,66,67,68,69,70,71,72,73,74,...500
Powered by FlippingBook