Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 58

Enrico Nuzzo
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Un secondo tipo di linguaggio, sul quale con speciale attenzione
si guarda in questo contributo, è quello definibile come “etno-geo-
grafico-climatico”, che raggiunse proprio nel ’700 il massimo della
sua reviviscenza e diffusione, ma anche conobbe i più fermi e acuti
attacchi e gli inizi del suo declino. A proposito di esso si può parlare
di una “boria naturale” in relazione a diverse forme di opposizione
valoriale che nella sua lunga complessa storia si produssero a partire
da caratteri stabilitisi in dipendenza appunto da “cause naturali”
di tipo geografico: caratteri dei popoli occidentali, temperati, etc.,
versus
caratteri dei popoli orientali, settentrionali, meridionali, poi
anche
americani, specie viventi nelle regioni dell’eccesso climatico.
Tuttavia, come in diverse altre occasioni ho avuto modo di osser-
vare, non soltanto il linguaggio etnogeografico era non poco vario
e complesso, e aperto fin dagli inizi a riconoscimenti consistenti dei
“fattori culturali” (le “cause morali” accanto alle “cause fisiche”,
per riprendere la distinzione poi affermata nel discorso sistematico
di Montesquieu), ma conteneva in sé l’idea di una plasticità antro-
pologica che limitava significativamente, almeno sul piano teorico,
il giudizio valoriale pertinente alle differenze e inferiorità naturali.
Rispetto a questo tipo di linguaggio ricorre invece a un “fonda-
mento naturalistico” assai diverso: il linguaggio, il discorso, “natu-
ralistico-biologico”, e con esso una ben nuova “boria” duramente
fissista. Faccio riferimento ad una “boria naturale”, affacciatasi,
proprio nella stagione settecentesca, ben più decisa e pesante,
vale a dire la boria, carica di un più escludente disprezzo dell’al-
tro, fondata sulle differenze immodificabili della natura biologica,
della “razza” (le stirpi solo nella seconda metà del Settecento co-
minceranno a diventare “razze” in senso moderno), individuata
sulla base del “sangue”, della “pelle”, o di misurabili elementi di
conformazioni di parti del corpo (il cranio innanzitutto) sottopo-
essa apparvero scritti diretti a contrastare consolidate immagini e connotazioni
negative di una popolazione come i Bruzi (antenati dei calabresi), secondo un fi-
lone leggendario partecipi dell’evento della crocifissione di Cristo. Ovviamente
le problematiche connesse all’antropogonia teologica ebraico-cristiana propria
del dettato biblico sono centrali nella trattazione vichiana della “storia sacra” e
della “storia profana”, su cui si avrà modo di venire più avanti.
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