Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 137

Il motivo della vanagloria
137
conosciute e presenti»
11
. Come si ricorderà, da queste proprietà
discendono direttamente le «due spezie di borie», quella dei dotti
e quella delle nazioni, il cui ruolo nel complesso dell’argomenta-
zione vichiana appare, per molti riguardi, delineato già nella
Scienza
nuova
del ’25. Nel capo III del primo libro Vico mostra l’errore che
accomuna – sia pure con segno opposto – le teorie epicurea e scet-
tica, che affidano rispettivamente al caso e alla necessità il governo
delle «cose umane», negando l’opera benigna della provvidenza
nell’istituire «l’immutabilità del diritto naturale delle genti», capace
di trasformare in senso positivo l’ utilità e il bisogno. Di contro,
egli loda «il divino Platone», che indicò il significato delle leggi,
così come l’esercizio della virtù e della moderazione delle passioni.
Tuttavia, Platone incorse in un errore che – si legge – è «comune»
alle «menti umane», le quali «misurano da sé le nature non ben
conosciute di altrui», così che «innalzò le barbare e rozze origini
dell’umanità gentilesca allo stato perfetto delle sue altissime divine
cognizioni riposte», mentre avrebbe dovuto, al contrario, «dalle sue
“idee” a quelle scendere e profondare». Nel far ciò – nel seguire,
cioè, questa naturale tendenza della mente umana – egli è caduto
in quello che Vico definisce, prefigurando la successiva «boria dei
dotti», «un dotto abbaglio», ammantando di «sapienza riposta i pri-
mi autori dell’umanità gentilesca», i quali furono, invece, uomini
«senza civiltà», come «bestioni tutti stupore e ferocia». Tale «dotto
abbaglio» lo portò a disegnare una repubblica e una giustizia solo
ideali, incapace di comprendere il senso autentico dell’opera della
provvidenza, che governa ed ordina il mondo delle nazioni muo-
vendo dalle verità del senso comune e non da pure astrazioni
12
. A
11
Ivi, pp. 494-495. Si vedano, in proposito, le osservazioni di A. Battistini (in
G. Vico,
Opere
, cit., t. II, pp. 1518-1519) e di V. Vitiello, in G. Vico,
La scienza
nuova. Le tre edizioni del 1725, 1730 e 1744
, cit., pp. 7-36.
12
Cfr. G. Vico,
Princìpi di una scienza nuova intorno alla natura delle nazioni per la
quale si ritruovano i princìpi di altro sistema del diritto naturale delle genti
, 1725, in Id.,
Opere
, cit., t. II, pp. 985-987 (d’ora in poi
Scienza nuova
1725). Si ricordi il celebre
passo vichiano secondo il quale: «La filosofia considera l’uomo quale dev’esse-
re, e sì non può fruttare ch’a pochissimi, che vogliono vivere nella repubblica
di Platone, non rovesciarsi nella feccia di Romolo» (
Scienza nuova
1744, p. 496).
1...,127,128,129,130,131,132,133,134,135,136 138,139,140,141,142,143,144,145,146,147,...500
Powered by FlippingBook