Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 136

Clementina Cantillo
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gli stessi popoli che, lo si vedrà, nella prospettiva degli accademici
ne erano stati vittime, liquidando le testimonianze dei «mitologi
ultimi» su egizi, caldei, sciti, cinesi, come derivanti da una alterazio-
ne dei fatti e tali, dunque, da meritare di essere riposte «nel museo
della credulità»
9
. Si tratta di un passaggio centrale, in cui l’argo-
mento della boria costituisce non solo il punto di appoggio per
affermare con evidenza il primato della storia sacra nei confronti
di tutte le altre storie, ma anche un elemento strategico all’interno
del dispositivo teorico vichiano di costruzione di una scienza nuo-
va. La confutazione delle teorie che presuppongono l’esistenza di
una «inarrivabile» sapienza riposta da cui ha avuto origine la civiltà
rappresenta, infatti, uno degli obiettivi esplicitamente dichiarati da
Vico, pur nella differente articolazione rispetto alle due edizioni
successive, fin dalla
Scienza nuova
del ’25
10
. Saldando l’indagine sto-
rico-civile a quella filosofico-antropologica, come già per il fonda-
mentale tema delle origini delle religioni, anche la spiegazione che
porta al chiarimento dell’errore in cui cadono tali teorie si basa
sull’analisi delle dinamiche proprie della mente umana, e precisa-
mente di due sue principali «propietà», secondo le quali – come
recitano le celebri prime «degnità» della dottrina degli Elementi
della
Scienza nuova
del ’44 –: «L’uomo, per indiffinita natura della
mente umana, ove questa si rovesci nell’ignoranza, egli fa sé regola
dell’universo» e «ch’ove gli uomini delle cose lontane e non co-
nosciute non possono fare alcuna idea, le stimano dalle cose loro
9
«S’innalza la prima colonna agli ebrei, i quali, per gravissime autorità di Fla-
vio Giuseppe ebreo e di Lattanzio Firmiano ch’appresso s’arrecheranno, vissero
sconosciuti a tutte le nazioni gentili. E pur essi contavano giusta la ragione de’
tempi corsi del mondo, oggi dagli più severi critici ricevuta per vera, secondo il
calcolo di Filone giudeo, la qual se varia da quel d’Eusebio, il divario non è che
di mille e cinquecento anni, ch’è brievissimo spazio di tempo a petto di quanto
l’alterarono i caldei, gli sciti, gli egizi e, fin al dì d’oggi, i chinesi. Che dev’esser
un invitto argomento che gli ebrei furono il primo popolo del nostro mondo ed
hanno serbato con verità le loro memorie nella storia sagra fin dal principio del
mondo» (
Scienza nuova
1744, p. 462; cfr. anche p. 459).
10
Com’è noto, Vico prenderà poi le distanze nei confronti della prima edi-
zione della sua opera.
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