Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 130

Enrico Nuzzo
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religione cristiana, sistema al quale era però succeduto una costel-
lazione di “appartenenze” per lo più confuse (a parte la persistente
rigidità delle appartenenze di
status
) e spesso particolaristiche
96
.
La sequenza della
Politica
aristotelica, ripresa e modificata da
Dante nel passo su citato, era accresciuta e temporalizzata, ma as-
solutamente non spogliata di una salda cifra normativa, che non ha
perduto una sua “attualità”.
Prima furono particolari uomini, dipoi intere famiglie, appresso tutto
un popolo, e finalmente una gran nazione», ma tutto infine entro la
«gran città del gener umano
97
.
96
L’attenzione all’importanza dell’elemento “metafisico-cristiano” della spe-
culazione vichiana, e anche del suo “universalismo” (secondo un’interpretazio-
ne come detto da me sostenuta ripetutamente) rende probabilmente opportuno
che si torni in conclusione su di esso alla luce di un suo ripensamento nello sce-
nario odierno delle “borie”. Continuando rapide considerazioni avviate in una
nota precedente, quell’universalismo può parlare ancora ai nostri tempi anche
in quanto costituisce un motivo di riflessione nel quadro di discussioni contem-
poranee centrate sulle accuse (assai differenziate in verità per caratteri e qualità)
mosse proprio alle religioni monoteistiche di intrinseca “boria” e di attitudi-
ne alla lacerazione fino alla violenza. Le difese contro un simile tipo di accuse
sono per lo più poco convincenti (specie laddove semplicisticamente rovesciate
nell’opposta accusa al “relativismo”), e fortemente elusive proprio sul piano del
riconoscimento delle tante esperienze storiche di sopraffazione e violenza deri-
vante dall’escludente “boria” del possesso di una verità da imporre anche con gli
strumenti della forza (nonché elusive dei debiti contratti dalla cultura cristiana
proprio nei confronti delle moderne tolleranti posizioni “pluraliste” per aprirsi
verso posizioni dialogiche). In una storia della “tradizione speculativa” dell’u-
niversalismo cristiano l’esempio di Vico potrebbe essere addotto come uno dei
più significativi nella linea di un’apertura verso una visione non tanto latamen-
te tollerante, quanto intrinsecamente comprensiva della pluralità delle forme
dell’umano, riconducibili all’ultima non alterità dell’altro, e in grado anche di
ammettere gli apporti alla costruzione del comune «mondo civile delle nazioni»
derivanti da parte di tante (in fondo tutte) religioni pagane, specialmente quelle
connotate da “innocenza”, “modestia”, “mansuetudine”.
97
Sn44
, pp. 465, 549 (§§ 60 , 342). Il primo passo riguarda princìpi generali
in verità in particolare poi applicati della monarchia dall’Assiria (e ci dice di una
sequenza storica, qui stabilita con precisione da Vico, nella quale al «popolo»
segue la «nazione»), ma esso può ben riassumere un’essenziale sequenza allo
stesso tempo storica e normativa meditata da Vico.
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