Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 127

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La «boria delle nazioni»
Da quello scenario settecentesco sembra trascorso un tempo
abissale. Quello odierno è certamente tutt’altro che univoco, ma è
difficile negare che in esso comunque prevalgano fenomeni di glo-
balizzazione (difficile non usare il termine pur abusato) di costumi
e ancor prima di immaginari. Piuttosto si può dire che sulla più ge-
nerale materia qui evocata in esso si assiste ad una polarizzazione,
se non ad una divaricazione.
Da un lato è indubbia la straordinaria disponibilità di fondamenti
teorici diretti al riconoscimento del valore di tutte le individualità
storico-culturali: e quindi di un’universalità che però ha a che fare in-
trinsecamente con la pluralità (con tutti i problemi che ciò comporta
in tema di multiculturalismo, o interculturalismo, etc.); comunque
con un ridimensionamento critico di un gran numero di “borie” (ivi
comprese quelle di “genere”, che pure nel Settecento non mancaro-
no di essere in certe guise riconosciute, e anche da un autore come
Doria). E qui il richiamo a Vico è congruo, e opportuno se non
necessario almeno sul piano di un’avvertita coscienza storica, sto-
riografica: ché insegnamenti come il suo sulla dimensione genetica,
dinamica e plurale dell’universale natura umana da una parte si può
affermare siano ormai largamente “metabolizzati” nella consapevo-
lezza epistemica odierna, dall’altro (nel nucleo del nesso universale-
e politica
, a cura di L. Ceppa, Torino, Einaudi, 1992 e
La costellazione postnazionale
,
Milano, Feltrinelli, 1999. Cruciale nell’intricato dibattito odierno su valori e ap-
partenenze, “patriottiche” o meno, è ovviamente la discussione sulla “natura”
e il valore del patriottismo (di necessità congiunto ad un gruppo, una comuni-
tà, particolare, a meno che non venga eletta come propria la patria universale
dell’umanità), oltre che sulla sua fenomenologia, assai frammentata, in un’età,
un’epoca, di crescente globalizzazione. Sulla materia le voci tra le quali muoversi
sono evidentemente numerosissime e di orientamento disparato. Tra di esse
abbastanza consueto come punto di riferimento il richiamo alla sottolineatura
da parte di MacIntyre del carattere non costitutivamente negativo del partico-
larismo costitutivo del patriottismo (si veda almeno A. MacIntyre,
Il patriottismo
è una virtù
, in A. Ferrara – a cura di –
Comunitarismo e liberalismo
, Roma, Editori
Riuniti, 1992, pp. 55-76). Ma non è certo il caso in questa sede anche soltanto di
accennare a direttrici e sviluppi di studi e dibattiti sulla materia, come sulla gran-
de frammentazione delle appartenenze, e forte divaricazione tra appartenenze
universalistiche e appartenenze marcatamente particolaristiche, nell’epoca con-
temporanea della globalizzazione.
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