Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 109

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La «boria delle nazioni»
È un tema questo – sia pure piuttosto isolato nella riflessione
di Vico su “natura” e “storia” – che appare rilevante, perché dice
di un’esperienza nella quale non la «natura» delle cose deve essere
ricondotta alla sua genesi storica, ma nella quale il “costume” si
trasforma in “natura”.
Ritornando più da vicino ai nessi tra natura dei climi e attitudini
dei popoli è comunque assai rilevante la perentoria affermazione
(«nemo est qui negaverit») che si legge nel capitolo del
De constantia
dedicato a investigare sull’origine della lingua eroica, ossia della
stessa poesia. In effetti «humanitatis principiis […] ingeniosae gen-
tes facilius induunt»: ma sono le temperature del cielo – a seconda
che questo sia più umido e freddo o viceversa più sottile e caldo – a
fare nascere uomini di ingegno ottuso o viceversa acuto.
Nemo est qui negaverit esse coeli temperaturas quae gentes alias aliis
ingeniosiores alant, ut sub crasso frigidoque aëre obtusi, sub magis
aethereo et aestuoso acuti ingenii nascantur homines
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.
D’altra parte la disposizione all’ingegno ha poi fattori causali co-
stanti, che si iscrivono o nell’ordine dei fattori storici strutturali (a
che di costume (l’allungamento artificiale e deformante del capo, la coloritura
del volto con tinte di nero per via della credenza della maggiore santità di tale
colore). Il Vossius, Isaac Voss (
Ad Pomponium Mela
) e soprattutto Johan Jacob
Hoffmann (per il suo
Lexicon
) erano portati a testimoni autorevolissimi della
dottrina (peraltro largamente, correntemente diffusa negli ambienti scientifici
del cartesianesimo, basta pensare a De la Forge) che dalla possente «vis phanta-
siae generantium» nascano figli con determinate caratteristiche poi stabilmente
trasmesse (in tal caso «nigri filii»), e dunque che la «curatura in naturam conversa
est». Come si vede, abbiamo qui una sfera di fenomeni che attestano come il co-
stume si trasformi in natura. Specialmente con le spiegazioni di tipo “biologico”
della trasmissione dei caratteri ereditari basate sul sangue (spiegazioni comincia-
te ad affiorare sul finire del XVII secolo, e chiaramente particolarmente idonee
ad impieghi di tenore razzistico) risulterà indebolita e poi dismessa la consueta
teoria della trasmissione anche dei caratteri acquisiti.
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De constantia
, II, XII, [5,7], pp. 451-453. Nello stesso capitolo appaiono
qualificazioni di caratteri antropologici dei popoli – come la «gens acutissima»
dei fiorentini o viceversa la «stupidissima gens» dei peruviani – da iscrivere nel
regesto vichiano dei caratteri delle nazioni: (cfr. ivi, [32, 35], pp. 461-463).
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