Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 114

Enrico Nuzzo
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politici ad essa assegnate da Vico (al punto di configurare un vero
e proprio “modello scitico” poi abbandonato, ma non subitanea-
mente), ed il fatto che essi venivano da lui largamente ricondotti
a condizioni geografico-ambientali ed in ultimo climatiche. Ed è
una nazione della quale in questa sede occorre sottolineare come
– quale caso di genti orientali massimamente barbare vaganti in
lontane freddissime plaghe – per lungo tempo avesse incarnato
un paradigma dell’“altro” dalle più gloriose, boriose, nazioni occi-
dentali (non senza però essere soggetto anche a rappresentazioni
mitizzanti, come si dirà ancora tra poco).
In effetti gli Sciti rappresentarono per Vico, rispetto ai Caldei,
una sorta di direttrice “non urbana” delle eredità di Sem (e qui, con
una sorta di “privilegio di Sem”, ritorna la rilevanza del discorso
“antropogonico” di matrice “sacra”), dalle “innocenti” virtù della
frugalità e della giustizia nel
De constantia
, trasmesse a loro volta ad
almeno alcune delle tante genti da essi discendenti.
Al tradizionale tratto della marcata rudezza degli sciti venivano
associati nel
De constantia
tratti anch’essi presenti in quel “mito”,
“miraggio scitico” che, non privo di svariati antecedenti già
nel mondo antico, si fece tanto robusto e diffuso fino al tardo
Settecento
75
. Quel popolo infatti spiccava per costumi assai posi-
tivi, prodotti dalla sua «religio»: per «morum rectitudine, pudicitia,
simplicitate, iustitia», «modestia», in una parola «innocentia», virtù
legata alla «pietas» e ad abiti di frugale sostentamento tramite l’al-
levamento del bestiame e l’agricoltura
76
. Questi costumi trovano
espressione, ma, di più, fondamento, nel carattere “economico-so-
ciale” e quindi “politico” della «aequalitas» di una società a struttura
patriarcale
77
. Ma a sua volta tale tratto poggia decisivamente su di
75
E oggetto, anche per tale periodo, di consistenti indagini storiografiche,
delle quali non è qui il caso di rendere conto. Per l’espressione su citata si veda
però almeno E. Lévy,
Les origines du mirage scythe
, in «Ktèma», VI, 1981, pp. 57-68.
76
Cfr.
De constantia
, II, XVII, [4, 8], pp. 499, 501.
77
Cfr. ivi, II, XVII, [9], p. 501. In tal senso viene immesso un carattere che di-
stingue gli Sciti dallo stesso popolo ebraico, e dagli «orientales» in genere, anche
da Vico – si è visto – in precedenza rappresentati come disposti all’obbedienza
all’“uno”, comunque in questo testo contraddistinti dalla tendenza a fondare
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