Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 117

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La «boria delle nazioni»
Dall’altro quella veduta consentiva di dissociare meglio dall’Orien-
te la propagazione dell’umanità dei barbari americani (di cui Vico
avrebbe sempre in sostanza “sottovalutato” le forme di civiltà più
avanzate, la «messicana» e la «peruana»), accettando invece (almeno
in parte) la tesi – sostenuta da uno dei suoi “autori”, Grozio – del
loro arrivo, per via di terra, tramite la Norvegia e la Groenlandia,
dunque attraverso le più «aspre», desolate, terre europee
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.
Come si è più di una volta accennato, la maturazione sistematica
della scienza delle nazioni di Vico avrebbe favorito l’affermarsi di
uno sguardo unitario in sostanza sempre più teso a trovare confer-
ma di tesi generali relative al «comune corso» delle nazioni, peraltro
attraverso procedure di tipo comparativistico esercitate su materiali
che restarono però contenuti quanto all’immissione di dati relativi
ai popoli non europei. Entro questo andamento i fattori rientranti
nella “causalità naturale”, ed in particolare quelli strettamente cli-
matici furono a maggior ragione riproposti con assoluta sicurezza
di accenti. Avviandosi alla conclusione, basterà qui richiamare luo-
ghi essenziali delle tre stesure della
Scienza nuova
.
Ecco così che, stando ad una fondamentale «regola d’interpreta-
zione» propria della «nuova arte critica» definita nella
Scienza nuova
del 1725 (nel capitolo IX del libro II), va posta una stretta catena
di fattori causali che dall’«operato» dei popoli, attraverso le «forme
de’ loro governi» e la «natura degli uomini governati», risale in ulti-
mo al primo fattore della «natura de’ siti», «in conformità» ai quali
i diversi popoli assumono le loro indoli:
altrimenti nell’isole che ne’ continenti, ché ivi provengono più ritrosi,
qui più agevoli; altrimenti ne’ paesi mediterranei che ne’ marittimi, ché
egemoniche sugli stati italiani e tedeschi, restava una grande nazione cristiana e
raffinatamente colta (cfr. G. Vico,
Le gesta di Antonio Carafa,
a cura di M. Sanna,
Napoli, Guida, 1997, I, VIII, p. 76).
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Le popolazioni degli americani settentrionali, erano venute «ex Norvegia
[…] per Groenlandiam terrestri itinere». Poi probabilmente, come «è più credi-
bile» si erano stanziati fino allo stretto magellanico: dove erano residuati – per
chiare ragioni climatiche – i giganti patagonici: cfr.
De constantia
, II, XVII, [13],
p. 503.
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