Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 125

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La «boria delle nazioni»
l’“ordine storico strutturale” del «natural corso delle cose umane
civili» ciò a cui infine era necessario appello. E – assoluta mirabile
novità – ordine storico del darsi, formarsi, della stessa struttura
della mente umana. Perché – come si è appena visto – il «dizio-
nario mentale» comune all’umanità, nel suo darsi, in effetti costi-
tuirsi, sul fondamento esso stesso conativo della
vis veri
, rappre-
senta, nella più profonda forma comune dell’umano, la presenza
dell’universale, dell’eterno, che pure si dà soltanto nelle vicende di
accadimenti umani, però così sottratti all’opacità dell’insensatezza
e dell’indecifrabilità dell’accidentale: accadimenti incredibilmente
allora oggetto di una sicura scienza del mondo delle nazioni.
Vico si conferma così straordinariamente innovativo “pensatore
del tempo”, dell’ordine del tempo umano. E si può dire che in ciò
egli in qualche modo “temporalizza”, dislocandolo su di una scala
diacronica, anche il “naturale”, lo “spaziale”: almeno quelle forme
del naturale che sono i caratteri naturali antropologici che trovano
la loro originaria matrice nella naturalità climatica. E in effetti la tri-
partizione rude-forte-molle si dispone come una delle più generali e
rilevanti sequenze temporali. In tal senso anch’essa si dispone come
un primario oggetto della scienza del dinamico mondo civile delle
nazioni. Ma tale scienza essendo lo strumento di una filosofia che
deve «giovare al gener’ umano», quella sequenza deve essere oggetto
ed occasione del severo e accorato ammonimento a guardarsi dal
cadere nelle insidiose estenuazioni della mollezza (la «mollezza de’
nostri tempi»
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), nella decadenza di un’estrema «dilicatezza» imme-
more della sana rudezza di costumi frugali e della virtuosa fortezza
di comunità civili incamminate verso il conseguimento del vero-giu-
sto. Non reagendo alle insidie e minacce di quella decadenza, provvi-
denziale «rimedio» ultimo – come ben sappiamo – sarà il rigenerarsi
di un’umanità perduta tramite il suo sperdimento nella “natura” più
altra, nella «gran selva» della terra. Un rigenerarsi di ingegni e costu-
mi che avrebbe ricondotto i popoli più inclini alla boria delle nazioni
alle rudissime condizioni delle genti più da essi disprezzate.
Certo, si è visto, appartiene bene anche all’ultima meditazione
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Sn44
, § 796, p. 818.
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