Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 112

Enrico Nuzzo
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opportuno ripartire dagli egizi, e dal processo che li aveva portati a
maturare presto il conseguimento di svariate arti, e tra di esse quel-
le della navigazione (come spiega in particolare il capitolo XVII
della II parte del
De constantia
).
Il precoce conseguimento di quelle arti era stato dovuto ad una
serie di ragioni tanto “storiche” che “naturali”.
Una ragione storica era a sua volta conseguente dalla vantag-
giosa loro condizione di contiguità spaziale con le regioni e na-
zioni del prossimo Oriente investite dalla genesi “sacra” e dalla
persistenza e/o rapida ripresa delle arti, come si è appena visto. In
effetti gli egizi, come i fenici discendenti di Cam, come quelli ave-
vano potuto godere della vicinanza dei due capostipiti – essendo
rimasto Sem vicino a Cam – e dei loro posteri non dispersi. In tal
modo essi avevano potuto apprendere rapidamente dai caldei le
«artes» prediluviane in genere di cui questi non avevano perso la
memoria o avevano riacquistato la pratica, e anzi saputo avvantag-
giarsi particolarmente dell’“eredità di Sem” loro pervenuta: in ciò
superando gli stessi fenici che pure appaiono essere stati il primo
tramite per la trasmissione tra i camiti delle arti non disperse tra i
posteri di Sem.
Ebbene, la peculiare rapidità dell’apprendimento e capacità di
incremento di quelle arti da parte degli egizi, era dovuta ad un
duplice ordine di fattori “naturali”. Infatti a produrre i caratteri di
quella «gens» concorreva in primo luogo il fattore della “naturalità
etnica” (vale a dire un «praeclarum», «praestans», «ingenium», in
questo caso con un nesso sotterraneo con il clima). Ma tale fattore
era a sua volta incrementato da un fattore “ambientale”, una ma-
teriale «necessitas» quale le periodiche «inundationes» del Nilo
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.
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Infatti a causa delle inondazioni del Nilo («propter Nili inundationes»), le
quali costantemente cancellevano i confini dei campi, gli Egizi, i quali avevano
assunto dai Caldei le scienze della geometria e dell’aritmetica, e quella conse-
guente dell’astronomia, a fini pratici «a caelo ad terras mathesim revocarunt»
(ivi, II, XIV, [3-4], p. 481). Sulle conseguenze della «necessitas» rappresentata
dalle inondazioni del Nilo cfr. poi
De constantia
, II, XVII, [21], pp. 505-507. Il
grande fiume con le sue inondazioni «peracuit» il «praestans ingenium» degli
egizi, costringendoli ad applicare le arti matematiche apprese dai caldei alla con-
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