Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 104

Enrico Nuzzo
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Tra gli occidentali però v’erano a loro volta genti: «acutissimae
et molles, quales siculi», presto soggiacenti «tyrannis»; «acutissimae
et fortes», «ut cretenses, athenienses, carthaginienses», che seppero
ritrovare «leges et libertatem»; infine «fortissimae, non tam acu-
tae», «ut romani», che conquistarono più lentamente «libertatem».
Come si vede, nell’acutezza nativa veniva individuato un fattore
positivamente dinamico ma anche di pericolosa disposizione ad
assumere diverse opposte conformazioni: come quella – propria
dei cretesi, ateniesi, cartaginesi – dell’acutezza associata alla forza,
operante in linea di massima in direzione della conquista di un
vivere civile e libero, della «libertas», o come quella – propria dei
siculi – viceversa dell’acutezza associata alla mollizie, e quindi facil-
mente disposta al vivere ubbidienti sotto la tirannia. I primi, genti
«acutissimae et fortes» invenere leges et libertatem», mentre i se-
condi, «acutissimae […] sed molles […] statim tyrannis cessere»
59
.
Assai interessante in questo quadro si palesa il posto assegnato
ai romani, la cui storia nel
Diritto universale
acquisiva pienamente la
sua funzione di «popolo campione» dell’umanità, il suo fermo ca-
rattere paradigmatico, per più versi tale: tanto di privilegiato reper-
torio di enormi materiali storici, tanto di esemplare graduale corso
delle vicende umane di conquista del vero-giusto
60
. I romani qui si
presentano come esempio, unico, di un popolo che non spicca per
59
Ivi, CXLV, [3-4], p. 179. Sull’opposizione tra la disposizione alla tiranni-
de, ai «regna mera», «apud asianos» e invece l’odio per tali forme di governo
per lo più «apud occidentales», ma non presso i «siculi o gli «aethrusci», Vico
sarebbe poi tornato nel
De constantia jurisprudentis
(d’ora in poi
De constantia
), II,
CXXXVIII, [8-9], in
OG
, p. 169.
60
Per Vico – è stato detto in un saggio irrinunciabile sull’argomento – Roma
è «il paradigma della storia che egli deve frugare e rifrugare per trovare le prove
della sua filosofia». Fra i «popoli privilegiati dalla sua indagine» – i Greci, i Ro-
mani, innanzitutto – «il popolo romano è, per eccellenza, il “popolo campione”
perché Roma è, per sua natura, per sua origine e per suo destino storico, città
fortemente individuata e significativamente universalizzata: la più vichiana delle
città, nei connotati meglio accetti allo storicismo di Vico» (P. Piovani,
Il debito di
Vico verso Roma
, originariamente in «Studi romani», XVII, 1969, pp. 1-17, ma che
cito da P. Piovani,
La filosofia nuova di Vico
, a cura di F. Tessitore, Napoli, Morano,
1990, pp. 103, 107).
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