Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 99

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La «boria delle nazioni»
nel quale essa era assunta nella chiave – definibile assieme come
“patriottico-intellettuale-filosofica” e “patriottico-italica” – della
tradizione dell’antichissima sapienza italica
53
.
Tale tradizione era centralmente presentata in quel testo in una
stagione di pensiero nella quale il ricorso al mito italico in Vico non
si riduceva certo ad una mera espressione di vago patriottismo, ma
si legava al tentativo di elaborare una personale speculazione me-
tafisica largamente alternativa a quelle sortite dalle principali for-
mulazioni del razionalismo moderno e delle fisiche geometrizzanti
o tanto più a fondamento corpuscolare; per contrastare le quali era
“naturale” il richiamo ad un’antichissima autonoma tradizione pi-
tagorica (magnogreca e /o etrusca) la quale in realtà era stata riletta
attraverso moduli neoplatonici (del tardo neoplatonismo antico e
del neoplatonismo, carico di ermetismo, rinascimentale): onde il
connettersi di elementi della teoria del conato, dei punti metafisici,
di possibili eredità della fisica timaica, di teorizzazioni di contenuti
speculativi attinti agli etimi latini arcaici sul modello del
Cratilo
pla-
tonico, in effetti neoplatonico, etc.
54
.
53
Sulla materia rinvio al mio lavoro sopra citato,
La tradizione filosofica meridio-
nale
, in particolare per le pp. 24 sgg.
54
Sull’importanza dell’«iniziazione pitagorica» di Vico, in un contesto di ere-
dità e di posizioni assai diffuse ancora nella cultura coeva (e in quella napoletana,
con Doria, Aulisio, etc.) ha – com’è noto – portato l’attenzione in particolare
Paolo Casini, non senza talune argomentate ragioni, ma con una prospettiva
critica che appare troppo insistita, riduttiva della complessità dell’operazione
speculativa compiuta nel
De antiquissima
, e nella quale facilmente si attribuisce
a ragioni prudenziali l’assenza negli scritti del filosofo napoletano di effettivi
riferimenti a motivi del sincretismo ermetico-cabbalistico, alla cosmogonia mi-
stica di Fludd suo probabile autore segreto, etc. Casini ricordava in conclusione
che nella
Seconda risposta
«il filosofo napoletano riunifica i due filoni del mito
pitagorico, l’etrusco e il magnogreco, da sempre compresenti nelle fonti greco-
latine», tenendo ferma l’origine greca di Pitagora, rinunciando «alla variante del
mito che ne faceva un oriundo “tirreno”». «Comunque, da parte sua, affermare
l’esclusiva influenza degli etruschi sulla “setta italica”, il primato cronologico e
l’autonomia dottrinale dei pitagorici rispetto alla filosofia greca, era dar prova
di una
pietas
patriottica da sempre diffusa nella penisola, ma ormai contraddetta
dalle ricerche filologiche degli eruditi razionalisti dell’Europa protestante» (P.
Casini,
L’iniziazione pitagorica di Vico
, in «Rivista di filosofia», LI, 1996, 4, p. 879).
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