Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 98

Enrico Nuzzo
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In ambedue i casi un fenomeno culturale, il precoce darsi di un
pensiero altamente riflessivo, appare presentato come il fattore
dell’accelerazione del processo storico normale, quello del cammi-
no tenuto «con giusto passo» dai romani. E tuttavia resta l’inter-
rogativo (che Vico non pare interessato a formulare o sciogliere)
del perché mai presso quelle due nazioni possa essersi affermato
un così inconsueto pensiero tanto «dilicatamente» acuto: a meno
che non soccorra la nativa disposizione di quei popoli – più volte
altrove affermata, assunta – a spiegare nella sostanza quel fenome-
no, riconducendo ancora una volta la catena causale all’impronta
di condizionamenti naturali, fisici, climatici.
Ma occorre ritornare indietro, e non eludere almeno un breve
passaggio sulla trattazione delle nazioni nel
De antiquissima
, il testo
napoletano. Su Vico nel quadro della polemica franco-italiana sul “genio del-
le nazioni” si può vedere pure il recente contributo di P. Gambarota,
Syntax
and Passions. Bouhours, Vico, and the Genius of the Nation
, in «Romanic Review»,
XCVII, 2006, 3-4, pp. 285-308. Ma, vedo ora, esso è rifluito nell’interessante
volume della stessa autrice – curvato sul ruolo del contributo della riflessione
sulla formazione della lingua e della lingua nazionale alla costruzione dell’identi-
tà nazionale italiana nell’età risorgimentale – dal titolo
Irresistible Signs. The Genius
of Language and Italian National Identity
, Toronto-Buffalo-London, University of
Toronto Press, 2011. Nella sua indagine su Vico la Gambarota non manca di
soffermarsi sul tema delle condizioni materiali di tipo climatico nel pensiero
vichiano, individuando un maggiore ricorso ad esse dopo la prima versione della
Scienza nuova
: non senza un parallelo impoverimento del più largo spettro delle
specificità, condizioni di carattere sociale, politico, etc., in quella attinto. Ma su
ciò occorrerà tornare altrove. Sul “genio delle lingue” nel prolungato dibattito
tra Italia e Francia si dovrebbe fare riferimento ad una letteratura non esigua.
Ricordo le interessanti pagine (da un ampio spettro che investe da vicino il no-
stro tema) che si leggono in A. Gensini,
Traduzioni, genio delle lingue, realtà sociale
nel dibattito italo-francese (1671-1823)
, in
Il Genio delle lingue. Atti del I Colloquio italo-
francese (Torino 28-30 ottobre1985)
, a cura di A. Postigliola, Roma, Istituto dell’En-
ciclopedia Italiana, 1989, pp. 9-36. Ma è difficile non fare riferimento anche a
M. Fumaroli,
Le génie de la langue française
, in
Les Lieux de mémoire
, III,
Les France,
3, Paris, Gallimard, 1992, pp. 911-973, ripreso in Id.,
Trois institutions littéraires
,
Paris, Gallimard, 1994 (tr. it., a cura di M. Botto,
Il salotto, l’accademia, la lingua.
Tre istituzioni letterarie
, Milano, Adelphi, 2001, pp. 229-319). Da tenere presente
C. Viola,
Tradizioni letterarie a confronto. Italia e Francia nella polemica Orsi-Bouhours
,
Verona, Fiorini, 2001.
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