Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 105

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La «boria delle nazioni»
acutezza di ingegno e che pertanto tardi, dopo un lento cammino,
perviene ad un libero vivere civile: esempio unico, dunque, di genti
«fortissimae, non tam acutae, sero libertatem experti»
61
.
Ebbene, non mi pare di sovraesporre criticamente questo luo-
go rinvenendo in esso una cifra assai importante di un generale
“immaginario della misura” (radicato in una solidissima tradizione
“premoderna”, classico-umanistica) che da lontano, meglio dalla
profondità di una sfera “immaginativa” sostanzialmente irrifles-
siva, reggerà in modo significativo non soltanto l’indicazione dei
romani come coloro che paradigmaticamente «caminarono con
giusto passo»
62
, ma più in genere una serie di posizioni, espressioni
di giudizio, prospettazioni assiologiche, tutte riconducibili in ulti-
mo ad una tacita opzione appunto per le ragioni del “medio”, del
“temperato”, di ciò che si colloca tra gli estremi e non va verso l’e-
stremo. Un sotterraneo apprezzamento, quando non elogio, della
“bella misura” non abbandona mai il pensiero vichiano pur com-
ponendosi entro il quadro di una meditazione che come poche ha
contribuito ad una visione dinamica e aperta, genetizzante e stori-
cizzante, dell’umano. Ora questo apprezzamento coinvolge tanto il
“naturale” che lo “storico”, tanto lo “spazio” che il “tempo”: inve-
ste ben note espressioni valutative delle «giuste misure» corporee
alle quali ritornano gli uomini finalmente usciti dalla dismisura dei
corpi giganteschi assunti nell’erramento ferino, o anche espressio-
61
De uno
, CXLV, [5], p. 179.
62
A differenza dei greci, e poi dei francesi, «i romani […] ne’ lor costumi
caminarono con giusto passo» (
Sn44
, § 158, p. 502). Ma soprattutto si ricordi
il celebre passo, essenziale nell’indicazione delle ragioni (in larga misura clima-
tiche) che condussero Cartagine, Capua e Numanzia a non seguire il comune
corso di cose umane». «Ma i romani, di niuna di queste cose mai prevenuti,
camminarono con giusti passi, facendosi regolar dalla provvedenza per mezzo
della sapienza volgare […] finché all’interne ed esterne cagioni che distruggono
tal forme di Stati poterono umanamente resistere» (ivi, § 1088, pp. 953-954; è un
passo, questo sui romani, che non appare nella versione del 1730, dove compare
invece una comparazione tra cartaginesi e greci). Anche questa è una pagina
sulla quale si dovrà tornare, la quale conferma pienamente l’indicazione del
De
uno
circa una condizione naturale (tanto climatica che ambientale) che favoriva
lo svolgersi delle vicende dei romani secondo un misurato corso.
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