La filosofia di Tommaso Rossi fra scienza e antropologia
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Dio
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; così, «le idee generali dell’ente, del vero, del retto, del buo-
no e l’altre» sono «parti dell’essenza e universali della scienza» e
danno origini a più ampi
sillogismi
, e sono implicate «nel tutto e
nell’ampio universale dell’essere divino e della divina idea»
33
. L’idea
di Dio è universale e costituisce «il fondo di tutto il lavoro di tutte
le idee meno universali e delle minute e terminate di tutto l’essere
assolutamente»
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. Questa prerogativa dell’idea di Dio, spinge Rossi
a dargli una universalità che potremmo definire
operativa
, nel senso
che l’idea di Dio è garanzia del funzionamento della mente umana,
proprio perché «l’idea di Dio non è una particolare idea nell’intelli-
genza e nella mente dell’uomo descritta», ma
adegua
«tutta l’intelli-
genza e tutta la mente», ovvero permette l’ordine delle operazioni
singolari della mente umana
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.
È necessario, a questo punto, seguire l’argomento che per Rossi è
definitivo e che spiega l’esistenza delle idee innate, cioè la loro verità,
e l’esistenza dell’idea di Dio. Così, Rossi sembra chiudere il cerchio
e – una volta affermata l’esistenza dell’idea di Dio – l’innatismo (in
un circolo che può sembrare vizioso) acquista un nuovo definitivo
argomento per essere acquisito. Il procedimento che Rossi utilizza è
di natura cartesiana. Non è un’esagerazione affermare che il filosofo
sannita nella seconda parte del suo trattato affronti più il rapporto
con Cartesio che con Locke, al quale viene concesso il privilegio di
essere il traghettatore verso la dimostrazione di Dio tramite l’esisten-
za delle idee innate e verso la (implicita ma non indiretta) dimostra-
zione della natura pensante dell’essere umano.
Rossi si rifà al Cartesio della terza meditazione metafisica, nella
quale si dimostra Dio sulla base dell’innatismo delle idee. Dio è
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«Quelle altre idee che abbiam provato essere innate, elle non altrimenti che
nella idea di Dio implicate la mente produce»:
ivi
, II, 5, p. 330 (83). Rossi utiliz-
za il termine
produce
che sembra contraddire il principio di esistenza delle idee
innate. A mio parere questa contraddizione si scioglie se si prende il termine
produrre nel senso di
ritrovare
per usare. La mente, cioè, riprodurrebbe (e dun-
que potrebbe usare) queste idee, solo in quanto implicate nell’idea di Dio. Dio,
dunque, diventa quella garanzia di universalità che permette di
trovare, riprodurre
e utilizzare
le idee innate, principi primi della scienza vera.
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Ivi
, p. 330 (83-84).
34
Ivi
, pp. 330-331 (85-86).
35
Cfr.
ivi
, p. 331 (86).
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