La filosofia di Tommaso Rossi fra scienza e antropologia
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Rossi – la superiorità della materia
28
. Il pericolo di queste critiche a
Descartes è la confusione tra pensiero e materia, una confusione in
cui nasce il seme dell’ateismo perché predispone la predominanza
della materia sulla mente. La corporeità offre sempre allo sguardo
dell’uomo, e questo è un punto fermo per l’abate di Montefusco,
la parvenza dell’esistenza della casualità. Ma se l’occhio dell’uomo
si lascia guidare finalmente dalle dinamiche della propria mente,
affrancandosi per quanto possibile dalla molteplicità della mate-
ria, riesce infine a scoprire quei principi innati che la materia nega
solo per la sua limitatezza. Rossi ha meno difficoltà a liquidare gli
argomenti lockiani e, tutto sommato, lo considera un pensatore
meno pericoloso e meno insidioso di Spinoza. Il pensiero di Locke
risulta a Rossi meno ambiguo, forse più onesto rispetto alla malizia
dell’ateo olandese. Non è, inoltre, da dimenticare, che molti argo-
menti contro il materialismo sono stati esposti nella prima parte
dell’opera in questione, e ben si attagliano anche alla filosofia di
Locke, meno bisognosa di essere sviscerata rispetto al sistema spi-
noziano che risulterebbe essere un materialismo mascherato e non
esplicito come quello del medico britannico.
Rossi parte da una concessione a Locke. Se il filosofo inglese si
aspetta che le idee innate siano idee «impresse e scolpite nell’ani-
mo dalla mano di Dio» e pertanto «distinte ed espresse, e sempre
in ogni tempo rilucenti ad un modo», oppure che le idee inna-
te si trovino nell’uomo insieme a quelle «formalità ed espressio-
ni con che nelle scuole si spongono», allora nell’intelletto non ci
sono idee innate
29
. Nello specifico, Rossi afferma che è necessario
distinguere la natura mentale dalla natura materiale, e nell’uomo
questa distinzione è possibile affermando l’attività della mente ri-
spetto alla passività. La mente dell’uomo, per essere mente, cioè
per essere distinta dalla
natura bruta e cieca
, deve essere fornita non
solo di particolari sensi e cognizioni, ma anche di un
comun senso
e
comune nozione
; senza la possibilità di unificare i sensi e le nozioni e
di avere in sé un qualche elemento di universalità, cioè di penetra-
28
Rispetto a questo, si veda
infra
, par. 4.
29
Cfr. T. Rossi,
Della mente sovrana del mondo
, cit., II, 1, pp. 319-320 (56).
1...,23,24,25,26,27,28,29,30,31,32 34,35,36,37,38,39,40,41,42,43,...230