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Della mente sovrana del mondo
fette. L’essenza o sostanza è la radice, onde tutto ciò che alle cose
appartiene provene e dipende. Niente si può pensare che all’essenza
o sostanza delle cose non si debba imputare. Dal che chiaramente
s’intende che l’estensione e ’l numero, di per sé considerati, niuna
certezza, niuna differenza e diterminazione possono avere; e, per-
tanto, che in questo risguardo sono eglino infiniti, in quanto nel
moltiplicare e nell’estendere non si può ad alcun fine aggiugnere,
oltre al quale non possano sempre maggiori divenire. Or, tali es-
sendo quali essere abbiam dimostrato, cioè essendo indifferenti e
indeterminati e infiniti nel primo modo; non possono essere infiniti
nel secondo modo, con vera reale infinità tutta presente in atto, che
è la seconda proposizione che rimane a dimostrare.
Egli è indubitato che ogni cosa generalmente esser dee certa e
diterminata, /142/ dee esser compiuta e perfetta, dee, in fine, di
principio e fine esser costituita. La certezza e la diterminazione
sono ragioni dall’esser reale inseparabili, sono essa essenza ed essa
realità. Siccome l’incertezza e l’inditerminazione sono ragioni del
non essere, anzi sono esso non essere ed essa nullità. Il simile si
dee dire della pienezza, della perfezione e del principio e del fine,
che con quelle prime sono una cosa medesima. Il principio e ’l fine
sono parti dell’essere principali: il primo è il fondamento dell’es-
sere, il secondo è il colmo. Senza il principio non si può venire
all’essere, e senza il fine non vi si può pervenire; e senza pienezza e
perfezione, non può avervi né principio, né fine.
Il vero infinito è a
questa generale invariabil legge sottoposto. Il vero infinito, molto
più che le finite cose, dee certo essere e diterminato, e con prin-
cipio e fine compiuto e perfetto. Questo può parere a’ volgari un
concerto di contradittori: ma in fatti è il vero più bello.
Della pienezza e della perfezione, in /143/ questa loro ragione
sepa­ratamente di per sé considerate, è cosa manifesta che all’infi-
nito più che al finito convegnano; né i volgari in questo risguardo
il negherebbono. L’infinito è primo, principale, universale nell’es-
sere, che ogni realità che l’appartiene dee contenere. Se l’infinito
non è pieno e perfetto, la pie­nezza e la perfezione dove si troverà
ella? Sarà peravventura il finito per­fetto, e imperfetto l’infinito? È
egli forsi possibile che la perversità del filosofare giunga a questo
Ogni cosa esser
dee certa, e diter-
minata
Il vero infinito
esser dee ancor
certo e ditermi­
nato
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