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Tommaso Rossi
e che la cosa di cui è l’essenza, necessariamente esista, e che sia di
sé causa. È adunque in tal ragionamento necessario che l’essenza
separatamente si consideri come distinta dall’esistenza, e che, in
quella risguardando, vi si vegga e scerna involta l’esistenza. Questa
/121/ dottrina, che da se medesima è certa e chiara, non ha potuto
dissimulare lo Spinosa; e questa, il senso dallo Spinosa inteso, ma-
nifestamente convince di falsità.
Il senso vero, che non giova al suo intento, è questo: che quello
che, per necessaria connessione dell’essenza coll’esistenza, non si
può inten­dere non esistente, quello è di sé causa. In questo caso
l’impotenza o impossibilità del conoscere proverrebbe dalla im-
possibilità dell’essere. Perciocché, quando l’esistenza è nell’essenza
involta, è impossibile che l’una s’intenda senza l’altra: è impossibile
che s’intenda la cosa e non s’intenda esistente. Il falso è che in ogni
caso per qualunque cagione una cosa non si può intendere non
esistente; nell’essenza involga l’esistenza. Questo senso è manife-
stamente falso, perché l’impotenza o impossibilità del conoscere
talvolta può provenire dal difetto del nostro intendimento; nel qual
caso dal nostro non intendere non si può argomentare il non essere.
È vero che, sempre che l’essenza involge l’esistenza /122 / , quello
di cui l’essenza è non si può intendere non esistente; ma è falso che
sempre che la cosa non può intendersi non esistente coll’essenza
debba involgere l’esistenza. Fra queste due proposizioni non vi è
necessaria reciprocanza. La prima impossibilità d’intendere viene
dalle cose medesime, e la necessità di dovere esistere si conchiu-
de con causa, che è l’involgimento essenziale dell’esistenza. Ma la
seconda impossibilità dipende dal nostro difetto, e la necessità di
dovere esistere si conchiuderebbe senza causa. Perciocché il no-
stro non intendere, quando viene dalle angustie e dalle caligini del
nostro intendimento, non è causa bastante ad escludere la nullità o
la non esistenza della cosa.
Le regole certe e invariabili de’ nostri giudizj sono prima, che
noi non
possiamo affermare nulla che in niuna causa non osser-
viamo inchiuso; né
nulla negare che da niuna causa escluso non
veggiamo. Onde segue che, se non vediamo un essere in niuna
causa implicato, per questo solo motivo non /123/ possiamo giu-
Regole certe
de’nostri giudizi
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