Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 474

Rosario Diana
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sprezzo di sé
, ossia l’abbandono di sé in tutta la condizione umana, e
la
rassegnazione nelle sue mani o nel suo potere
[di Dio], in cui, d’altronde
– vogliamo o non vogliamo –
ci troviamo
»
55
.
A questo punto, cosa resta da fare all’uomo di Geulincx, stretto
in una «condicio humana» non voluta e non modificabile, che nulla
vale e nulla può e deve volere (dal momento che l’oggettivazione
esteriore di ogni suo intento in un atto effettivo di volontà non è
governato da lui ma dall’arbitrio di un “altro”), se non affidarsi com-
pletamente a Dio, con la consapevolezza che anche opporsi alla sua
volontà è un’intenzione che richiede l’intervento divino
compiacen-
te
, per potersi tradurre in un’azione concreta? Per illustrare questo
aspetto del problema, Geulincx usa un’immagine molto efficace:
Se una nave trasporta velocissimamente un passeggero verso occidente,
niente impedisce che questi nella stessa nave cammini verso oriente;
così, nonostante che la volontà di Dio tutto porti e tutto trascini col
suo fatale impeto irresistibile, niente vieta che noi, per conto nostro,
andiamo contro la sua volontà con nostra libera e piena deliberazione
56
.
La «rinuncia di sé» per
abbandonarsi a Dio
è l’esito conseguente
del «disprezzo di sé», uno dei passaggi più significativi dell’
Etica
di Geulinx: segnala la presa di coscienza, da parte dell’uomo, della
sua “condizione” di pressoché totale eteronomia, di dipendenza
assoluta dalla divinità. Si legge nel testo geulincxiano:
Io abbandono tutto me stesso a Dio, del quale […] sono tutto (tutto
sull’essere venuto qui, tutto nell’agire qui, tutto nell’andarmene di qui),
mi trasferisco, mi do; non sarò condotto da nessun mio capriccio;
deporrò da me ogni cura e preoccupazione riguardante la mia persona;
e, siccome non vanto diritti su nessuna cosa, e neppure su me stesso,
[…] curerò non ciò che piace a me, ma ciò che Dio comanda;
lavorerònon per la mia felicità, non per la mia beatitudine, non per il
mio sollievo, ma per i miei doveri
57
.
55
Ibidem
(corsivi miei).
56
AE
, p. 177 (versione lievemente modificata).
57
E
, p. 115.
1...,464,465,466,467,468,469,470,471,472,473 475,476,477,478,479,480,481,482,483,484,...500
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