Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 479

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Boria e tracollo dell’Io
umana evocata (anche preterintenzionalmente) in altre opere di
Beckett (penso soprattutto a
Finale di partita
, pubblicata in fran-
cese nel 1957
68
) è molto vicina – seppure molto lontana – a quel-
la descritta da Geulincx nel suo capolavoro
69
. Con una differenza
sostanziale, che ci aiuta a definire questa vicinanza/lontananza e
che è opportuno enunciare senza indugi: se nella prospettiva del
fiammingo vige una sorta di partita doppia ontologica, in virtù
della quale ciò che viene sottratto all’uomo in termini di essere e di
capacità di agire viene attribuito a Dio, che ricambia graziosamen-
te configurandosi agli occhi dell’uomo-nullità come sostegno tra-
scendente della miseria umana, latore di una rassicurante promessa
di vita eterna dopo la morte, in Beckett – per conservare il gusto
del confronto con il filosofo su questo specifico punto – l’assenza
di una divinità fa sì che, rispetto a quello che comunemente gli uo-
mini sono o credono di essere e fanno o credono di fare, la decur-
tazione di essere e di agire si traduca in una sardonica pacificazio-
ne, in una sorta di saggia acquiescenza alla catastrofe dell’inattività.
Questo esercizio di sottrazione, parallelo a quello di Geulincx, si
accompagna spesso nelle opere beckettiane anche ad una progres-
siva degenerazione delle capacità motorie dei protagonisti
70
.
Qui non ci occuperemo né di
Molloy
né de
La fine
; la nostra atten-
zione si concentrerà su
Murphy
, il romanzo geulincxiano per eccel-
lenza. Murphy ne è il protagonista: un uomo «nato pensionato»
71
;
un devoto cultore della scienza di sé, dell’autologia, in aperto ma
68
Su questo importantissimo lavoro teatrale sia consentito rinviare a R. Dia-
na,
Per una lettura di “Finale di partita” di Samuel Beckett. Appunti da un seminario
, in
«Laboratorio dell’ISPF», VIII, 2011, 1-2, pp. 106-117.
69
Non è un caso che Beckett, in una lettera al critico Sighle Kennedy del
1967, individui fra i «punti di partenza» della sua «opera» – e in particolare di
Murphy
– proprio la massima di Geulincx «ubi nihil vales, ibi nihil velis» (cfr. D.
Tucker,
Murphy, Geulincx and an Occasional(ist) Game of Chess
, cit., p. 193; A. Uhl-
mann,
Samuel Beckett and the Philosophical Image
, cit., p. 70).
70
Per una riflessione sulla fisiologia “deiettiva” dei personaggi beckettiani
cfr. G. Deleuze,
L’esausto
(1992), a cura di G. Bompiani, Napoli, Cronopio, 1999.
71
S. Beckett,
Murphy
, tr. it. di F. Quadri, Milano, Mondadori, 1981, p. 32
(d’ora in poi:
M
).
1...,469,470,471,472,473,474,475,476,477,478 480,481,482,483,484,485,486,487,488,489,...500
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