Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 407

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Critica alla boria e
disperata impresa
capitalistico e definisce in maniera piuttosto netta il divario tra
Settentrione e Meridione, avvalorando la tesi di un Meridione ar-
retrato e sottosviluppato. Questa tesi non è contestabile, a patto
che il termine sottosviluppo non venga tolto dalla sua posizione
subordinata rispetto allo sviluppo capitalista. Lo sviluppo dei rap-
porti capitalisti non permette di tornare indietro, il passato non si
ripresenta semplicemente come passato, come resistenza o come
residuo, né come relitto, ma come un aspetto subordinato di una
forma di produzione. Il ritorno a una economia di sussistenza da
parte del contadino, sembra una fuga (un esodo, si direbbe con
una più moderna terminologia filosofica) ma non è altro che la
conferma della sottomissione del lavoro agricolo a determinati
rapporti capitalisti. L’usura, le tasse, i debiti costringono il conta-
dino, ritornato a una economia di sussistenza, a riportare le merci
al mercato e a sottomettersi alla concorrenza. Con l’allargamento
del mercato la produttività del lavoro diventa un obiettivo che si
sposta sempre in avanti e il cui raggiungimento non avviene mai.
Più il mercato si allarga più il lavoro deve diventare produttivo, e
questo vale per il piccolo contadino, come per il proprietario ter-
riero. L’arretratezza delle tecniche agricole da un lato, come anche
la concorrenza delle merci provenienti non solo dalle regioni del
territorio nazionale, ma anche dai mercati europei e transoceanici,
spingono lo sfruttamento del lavoro a livelli sempre più alti per
garantire una quantità di produzione che possa essere competitiva.
Particolarmente nel Mezzogiorno e nelle Isole, i grandi proprietari
terrieri ed i capitalisti agrari si rifanno della minore produttività del
lavoro agricolo forzando all’estremo, in forme semifeudali ed usurarie,
lo sfruttamento delle masse lavoratrici delle campagne, abbassando
(ancor più di quel che non avvenga nell’Italia settentrionale) il salario
del salariato agricolo al di sotto del valore della sua forza di lavoro
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.
Da questo punto di vista, oltre ad aggravarsi il divario fra Nord
e Sud – aspetto su cui Sereni insiste molto, ma che qui verrà tra-
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Ivi, p. 221.
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