Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 275

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David Hume contro la “boria” dell’identità
È questa conoscenza a definire la nostra anima razionale o spirito
27
.
Hume raggiunge, in relazione al problema dell’identità, una ra-
dicalità davvero maggiore, una radicalità che rende gli esiti del di-
scorso humeano tanto interessanti, quanto, probabilmente, fragili.
Ancora una volta, almeno secondo la lettura che mi importa,
la risposta dello scetticismo e dell’empirismo humeani disinnesca-
no ogni tentativo speculativo di necesitare e ipostatizzare il con-
cetto di identità. L’identità, infatti, non è se non una successione
di oggetti posti in relazione; in particolare, quella attribuita alla
mente dell’uomo è soltanto “un’identità fittizia”, è un feticcio, una
costruzione che procede da operazioni simili a quelle dell’imma-
ginazione. Essa non appartiene né alle numerose percezioni che
costituiscono la mente umana, né si determina come specifica at-
tività connettiva delle stesse: l’identità piuttosto è una qualità che
il soggetto riflettente attribuisce alle percezioni a causa dell’unio-
ne delle loro idee nell’immaginazione. Appare con evidenza che
il ruolo fondamentale nella costituzione della finzione identitaria
è giocato dall’immaginazione che Hume distingue in modo netto
dalla memoria
28
. L’immaginazione infatti è una facoltà libera che
27
Ibidem
.
28
Hume, non a caso, insiste molto sulla differenza tra idee della memoria e
idee dell’immaginazione: se le prime sono più forti e vivaci, le seconde sono
più libere e fluide. L’immaginazione o fantasia, in Hume i due termini hanno lo
stesso valore semantico, ha una cifra dinamica che manca alla memoria. «Cer-
cando di distinguere la
memoria
dall’immaginazione, percepiamo subito che non
si tratta di qualcosa che appartiene all’idea semplice che la memoria si presenta;
poiché entrambe queste facoltà mutuano le loro idee semplici dalle impressioni
e quindi non si possono mai spingere oltre queste percezioni originarie. Non è
possibile distinguerle fra loro neanche attraverso la disposizione delle loro idee
complesse; poiché, nonostante la memoria per sua natura preservi l’ordine e
la posizione originarie delle sue idee, mentre l’immaginazione le traspone e le
cambia a suo piacimento, tuttavia questa differenza non basta a distinguerle
nelle loro operazioni, o a farcele conoscere nelle loro differenze […]: perciò la
differenza tra di essa e l’immaginazione risiede nella sua superiore forza e vivaci-
tà. Un uomo può fantasticare di aver compiuto chissà quale avventura; e tuttavia
non avrebbe alcuna possibilità di distinguerla dal ricordo di altre simili, se le idee
dell’immaginazione non fossero di per sé più evanescenti e oscure» (D. Hume,
Trattato della natura umana
, cit., pp. 188-189). Si potrebbe dire che in Hume la
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