Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 277

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David Hume contro la “boria” dell’identità
getto l’indivisibilità fittizia dell’identità. Da quanto detto è possibile
trarre una prima conclusione: l’identità personale, seguendo Hume,
può essere ridefinita e rideterminata di volta in volta grazie al gioco
di combinazione delle idee che l’immaginazione effettua attraverso le
relazioni poco prima enumerate (rassomiglianza, causa e contiguità).
Se, inoltre, teniamo presente la distinzione tra impressioni e idee
(le prime sono più vivaci e posseggono maggior forza e violenza,
le seconde, invece, sono immagini più deboli ed evanescenti delle
prime), la percezione non si individua come ingenua rappresenta-
zione di oggetti, quanto piuttosto come una effettiva manifestazio-
ne di significato; il binomio impressione-idea diviene costitutivo
della natura della mente umana. Tuttavia Hume riconosce alle idee
un’ulteriore forza che possono tornare ad esercitare sull’animo
producendo nuove impressioni, le quali, a loro volta, permango-
no nello spirito sotto forma di nuove idee
32
. Proprio perché l’idea
è pur sempre una percezione, e ne conserva l’energia semantica,
l’intelletto attraverso l’immaginazione articola il movimento di ri-
flessione che lo conduce a nuove impressioni
33
.
Questo rapido
excursus
riportato al problema dell’identità diviene
davvero interessante: l’identità, allora, in Hume, attraverso l’attività
dell’immaginazione regolata dalle relazioni appena viste, si deter-
mina come possibilità di continua riconfigurazione semantica delle
proprie impressioni e delle proprie idee:
32
Hume divide ulteriormente le impressioni in impressioni di sensazione e di
riflessione; le prime sorgono originariamente nell’animo da cause sconosciute,
le seconde derivano dalle idee nel seguente modo: «Un’impressione dapprima
colpisce i nostri sensi, facendoci percepire il freddo o il caldo, fame o sete,
piacere o dolore di un qualche tipo o di un altro. Di quest’impressione nella
mente c’è una copia, che rimane anche dopo che l’impressione cessa: questa è
quel che chiamiamo idea. Tale idea di piacere o di dolore, quando torna ad agire
sull’anima, produce le nuove impressioni di desiderio e di avversione, speranza
e terrore; queste potrebbero essere giustamente chiamate impressioni di rifles-
sione, perché ne derivano. Queste, di nuovo, vengono riprodotte dalla memoria
e dall’immaginazione, e divengono idee; e tutto questo probabilmente dà origine
ad altre impressioni e ad altre idee» (ivi, p. 39).
33
P. Guglielmoni,
Introduzione
, cit., p. X.
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