Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 271

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David Hume contro la “boria” dell’identità
notato che quando Hume tratta dell’identità personale
19
ha già alle
spalle la definizione del concetto di identità pensato come “re-
lazione”. La classificazione delle “relazioni filosofiche”, infatti, è
trattata nel libro I, parte I, sez. V e in questa parte, l’identità è pre-
sentata come la seconda relazione (la prima è la rassomiglianza),
applicata a oggetti costanti e immutabili. Di tutte le relazioni, essa
è la più universale, perché comune ad ogni essere la cui esistenza
abbia una durata
20
.
Sin a partire da queste poche battute è possibile evincere che: a)
l’identità ha un carattere relazionale b) l’identità richiede l’esistenza
19
Per una ricostruzione del dibattito sull’identità personale in Hume, cfr. L.
Greco,
L’Io morale. David Hume e l’etica contemporanea
, postfaz. di E. Lecaldano,
Napoli, Liguori, 2008, pp. 27-28, n. 36.
20
D. Hume,
Trattato della natura umana
, cit., p. 51. L’identità per Hume fa parte
delle relazioni filosofiche, vale a dire di quelle relazioni che si ritiene opportuno
confrontare «anche nel caso in cui due idee siano unite arbitrariamente. Nel lin-
guaggio comune il termine relazione è usato sempre nel primo significato: solo
in filosofia viene esteso a significare qualunque forma di paragone, a prescinde-
re da un principio di connessione» (ivi, p. 49). La relazione di identità, dunque,
in quanto relazione filosofica sorge dal confrontare e dal paragonare; essa non
è individuata mediante una genesi definitoria essenziale, ma piuttosto ricavata
“eteronomamente” dalle operazioni di paragone compiute nell’ambito della fi-
losofia. Sulla relazione di identità in Hume e sulle relazioni in generale si veda
G. Della Volpe,
Hume o il genio dell’empirismo
, Firenze, Sansoni, 1939, 2 voll., vol.
I, pp. 30 sgg. In Hume il concetto di identità e quello di differenza si giocano
all’interno di una teoria delle relazioni di natura cognitiva. Soltanto studiando
le percezioni umane (impressioni e idee), infatti, è possibile stabilire come si
originano le relazioni che sono alla base dei costrutti conoscitivi del soggetto.
Quanto vale per l’identità, dunque, vale, dialetticamente, anche per la differenza.
Scrive Hume: «Concentriamoci, per quanto possibile, al di fuori di noi; spin-
giamo la nostra attenzione fino al cielo, o anche ai limiti estremi dell’universo:
non avanzeremo neppure d’un passo oltre noi stessi, né potremo concepire una
forma di esistenza al di fuori di quelle percezioni, apparse all’interno di quel cer-
chio ristretto. Questo è l’universo dell’immaginazione: non abbiamo alcuna idea
se non di ciò che vi si presenta. Il limite più estremo nella concezione di oggetti
esterni, supposti come
specificamente
differenti dalle nostre percezioni, consiste
nel formarcene un’idea relativa, senza fingere di poter comprendere gli oggetti
in relazione fra loro. Parlando in generale, non possiamo neppure supporre che
siano specificamente differenti, ma soltanto attribuire loro differenti relazioni,
connessioni e durate» (D. Hume,
Trattato della natura umana
, cit., pp. 154-155).
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