Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 272

Giuseppe D’Anna
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nel tempo
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. Hume non sta ancora affrontando la specifica que-
stione dell’identità personale, o del Sé, tuttavia, se, da un lato, scio-
glie, sin da subito, l’essere sostanziale dell’identità nella relazione,
dall’altro ne mina l’immutabilità, coniugandola con la temporalità/
durata dell’esistenza. In realtà, come vedremo a breve, l’identità
personale smarrisce completamente il suo peso ontologico perché
tradotta in una teoria della mente, delle sue relazioni e degli atti
mentali
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, ma soprattutto è sottratta ad ogni definizione assoluta e
essenzialistica perché sottoposta al criterio humeano fondamenta-
le: l’imprescindibile relazione tra impressioni ed idee.
Scrive infatti Hume:
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Hume rigetta ogni interpretazione sostanzialistica e ontologica del con-
cetto di tempo e, contemporaneamente, ne nega l’infinita divisibilità. Le argo-
mentazioni di Hume relative allo spazio e al tempo sono esposte nel Libro I,
parte seconda, sezioni II, III e IV del
Trattato della natura umana
. Scrive Hume:
«Il nostro sistema sullo spazio e sul tempo consiste di due parti intimamen-
te collegate. La prima si fonda sul concatenarsi del pensiero. La capacità della
mente non è infinita, per cui l’idea di estensione o durata non si compone di un
numero infinito di parti o idee inferiori, ma solo di un numero finito; ed esse
sono semplici e indivisibili. È possibile, quindi, che lo spazio e il tempo esistano
conformemente a quest’idea; e se è possibile, tale conformità sarà certamente
anche reale, dal momento che la loro infinita divisibilità è del tutto impossibile e
contraddittoria. L’altra parte del nostro sistema non è altro che una conseguenza
di questa. Le parti nelle quali si risolvono le idee di spazio e di tempo diventano,
alla fine, indivisibili: queste parti indivisibili, non avendo di per sé nessuna realtà,
non possono venire concepite se non piene di qualcosa di reale ed esistente: le
idee di spazio e tempo non sono, quindi, idee separate o distinte, ma semplice-
mente le idee della maniera o dell’ordine in cui coesistono gli oggetti: o, in altri
termini, è impossibile concepire un vuoto o un’estensione priva di materia, né
un tempo senza successione o mutamento» (ivi, pp. 100-101). Sulla relazione tra
tempo e identità in Hume si veda: D. Baxter,
Hume’s Difficulty: Time and Identity
in the Treatise
, New York, Routledge, 1985; sulla critica humeana alla infinita
divisibilità di spazio e tempo, cfr. D. Jacquette,
David Hume’s Critique of Infinity
,
Boston, Brill, 2001.
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In questa direzione, accentuando opportunamente però l’aspetto del lin-
guaggio, si muove anche Neil Saccamano, cfr. Id.,
Parting with Prejudice
.
Hume,
Identity, and Aesthetic Universality
, in Id. - D. Coli (Eds.),
Politics and the Passion, 1500-
1850
, Princeton and Oxford, Princeton University Press, 2006, pp. 175-195.
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