Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 267

267
David Hume contro la “boria” dell’identità
di riflesso, tutti quei concetti filosofici che pretendono di avere una
valenza sostanzialistica e ontologica, nonché originaria e atempo-
rale, come il concetto di “essenza’”, di “totalità”, di “Dio”, di “or-
dine provvidenziale”, di “teleologia della storia”, di “identià per-
sonale”. Questi dispositivi sistematici vengono portati da Hume
su un piano conoscitivo-esperienziale e psicologico-cognitivo per
essere risolti nelle modalità in cui il soggetto relaziona le percezio-
ni, dunque le impressioni e le idee. All’interno di questa cornice
teorica, per esempio, diviene difficile accettare la tesi della infinita
divisibilità di tempo e spazio. Scrive Hume, infatti, nella parte II,
sezione I del
Trattato:
La capacità della nostra mente è limitata, per cui non può mai concepire
in forma piena e adeguata l’infinito. Nel caso che non si ammettesse
ciò basterebbe l’osservazione e l’esperienza più elementari a rendere
il tutto evidente a sufficienza. È chiaro, inoltre, che tutto ciò che può
essere diviso
all’infinito
deve possedere un numero infinito di parti; e
che, perciò, è impossibile limitare il numero delle parti senza porre
limiti allo stesso tempo, alla divisione. Non è necessaria un’arguzia
straordinaria per concludere che
l’idea
che ci formiamo di una qualità
finita non può essere divisa all’infinito, ma che, mediante distinzioni
e separazioni adeguate, la si può dividere in parti più piccole,
perfettamente semplici e indivisibili. Solo negando l’infinità della
mente umana è possibile che la divisione delle idee giunga a termine:
non c’è modo di eludere l’evidenza di questa conclusione
12
.
In altre parole: dell’infinita divisibilità di spazio e tempo non si
danno idee che abbiano impressioni corrispondenti e, nemmeno
mediatamente, si arriva a costituire un’idea di tale infinita divisibili-
tà. Questo equivale a dire che non si dà esperienza di questa infinità.
Ecco il motivo per il quale l’immaginazione raggiunge un
minimum
e fa sorgere da sé un’idea, di cui né si può concepire alcuna suddivi-
sione, né può venire diminuita senza essere annullata. Naturalmente
la questione si fa problematica anche per l’idea di Dio.
12
D. Hume,
Trattato della natura umana
, cit., p. 77.
1...,257,258,259,260,261,262,263,264,265,266 268,269,270,271,272,273,274,275,276,277,...500
Powered by FlippingBook