Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 192

Andrea Battistini
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È ciò che è avvenuto per il mito di Prometeo, narrato da Esiodo
e da Eschilo, che certo a loro volta non ne furono gli originali cre-
atori ma soltanto i primi di cui sono rimaste le testimonianze di un
racconto ancora più antico. La storia del titano che rubò al carro del
Sole il fuoco per donarlo agli uomini, e che per questo fu incatenato
da Giove sul Caucaso, dove ogni giorno un avvoltoio (o un’aqui-
la, secondo un’altra variante) gli rodeva il fegato che ricresceva di
notte, racchiude una molteplicità di significati, dovuti anche ai nu-
merosi dettagli secondari che legano la sua vicenda ad altre figure
mitiche, da Ercole, da cui fu liberato, a Pandora, l’apertura del cui
vaso segnò il principio dei mali dell’uomo. Prometeo rappresentò
anche per gli antichi l’astuzia, l’intraprendenza, l’abilità, l’intelligen-
za, la generosità, in quanto donando il fuoco agli uomini ha donato
loro le arti, da intendersi l’insieme di ogni possibile
techne
, senza dire
che in questo elemento vitale non è difficile riconoscere un simbolo
della scienza e della conoscenza. Non c’è dubbio però che a pre-
valere in questo mito è, presso greci e romani, la denunzia di una
hybris
che ricorda quella della scalata che i titani tentarono di dare
all’Olimpo, essendo Prometeo uno di loro, non ancora riconosciu-
to come uomo, ma un semi-dio ribelle. La sua irriverenza sacrilega,
il ricorso all’inganno, la volontà di andare oltre i limiti ontologici
concessi dagli dèi lo imparentano alla tipologia del «divino bricco-
ne», del dio-
trickster
, tanto più che, prima ancora che «un partigiano
dei mortali», Prometeo è considerato nell’antichità «un anti-dio»
4
.
Oltre tutto, secondo Diogene, il dono delle arti, più che benefici,
avrebbe recato una profonda corruzione della vita sociale.
In una piega diegetica del mito Prometeo è anche colui che me-
scolando la terra e l’acqua, riscaldate e unite con il calore del fuoco,
ha formato l’uomo, raffigurato, secondo quanto scrive Ovidio, «in
effigiem moderantium cuncta deorum» (
Met
., I, 83), somigliante
agli dèi che governano ogni cosa. In questo passo memorabile
4
F. Condello, «
Molte migliaia d’anni io soffrirò»: l’infinita fortuna di Prometeo,
in Id.
(a cura di),
Prometeo
.
Variazioni sul mito
, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 7-78, p. 25.
Ma si veda anche il classico K. Kerény,
Prometeo, il mitologema greco dell’esistenza
umana
, in
Miti e misteri
, tr. it. di A. Brelich, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp.
150-201.
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