Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 200

Andrea Battistini
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XVII una prospettiva che concepisce il vero come una preda che si
nasconde, e che allo scienziato attribuisce necessariamente un ruo-
lo attivo, fatto di travagli e di investigazioni infinite. La scienza mo-
derna reca con sé anche un nuovo paradigma umano e un’inedita
tensione conoscitiva che fa di Prometeo una figura paradigmatica.
Non è dunque un semplice complimento barocco quello di un
corrispondente di Galileo che, dopo avere letto la sua
Storia e dimo-
strazioni intorno alle macchie solari
, gli scriveva riconoscendo ammi-
rato che lo scienziato «non solo come Linceo, ma come un altro
Prometeo, sia veramente salito nel cielo et habbi penetrato le più
secrete cose che possono riconoscersi in esso»
27
. Del resto lo stes-
so Galileo constatava nella lettera a Cristina di Lorena che nel cielo
non ci si può accontentare di vedere soltanto «lo splendor del Sole
e delle stelle e ’lor nascere ed ascondersi (che è il termine sin dove
penetrano gli occhi de’ bruti e del vulgo)», perché nel regno della
natura
vi son dentro misteri tanto profondi e concetti tanto sublimi, che le
vigilie, le fatiche e li studi di cento e cento acutissimi ingegni non gli
hanno ancora interamente penetrati con l’investigazioni continuate
per migliaia d’anni
28
.
Le caratteristiche manifeste sono quelle che Galileo chiama nel
Saggiatore
e nei
Massimi sistemi
le qualità secondarie, e costituiscono
solo degli indizi o tracce di cui servirsi per stanare le cause nasco-
ste. Non è un’esclusiva dei filosofi ermetici, degli occultisti o degli
astrologi parlare di «arcana naturae» ed esaltare chi le investiga,
essendo questa una formula frequente anche presso gli araldi della
nuova scienza
29
.
27
Lettera di Antioco Bentivoglio del 21 settembre 1614 in G. Galilei,
Opere
,
Ed. naz. a cura di A. Favaro, Firenze, Barbèra, 1890-1910, ristampa anastatica
del 1968, vol. XII, p. 99.
28
G. Galilei, Lettera del 1615 a Cristina di Lorena, ivi, vol. V, p. 329.
29
Segnala l’alta frequenza di questa espressione W. Eamon,
La scienza come
“venatio”
(1994), in Id.,
La scienza e i segreti della natura
, tr. it. di R. Repetti, Genova,
Ecig, 1999, pp. 397-440 e 436-437.
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