Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 194

Andrea Battistini
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trova pure nella cultura pagana, nell’eccentrico Apuleio
7
, vale anche
per sant’Agostino, per il quale Dio non può essere scoperto da co-
loro la cui «curiosa peritia» arriva a «numer
are
stellas et harenam et
dimeti
ri
sideras plagas et vestig
are
vias astrorum»
8
. L’inclusione nel
novero dei vizi della «vana et curiosa cupiditas» di conoscere, so-
prattutto nel campo scientifico, è motivata in Agostino da una par-
te dal fatto che, cercando una spiegazione univoca dei fenomeni,
resi prevedibili dalle leggi naturali, si viene implicitamente a negare
l’arbitrio del Creatore nei confronti della sua opera, e dall’altra dal
fatto che l’autocompiacimento dell’uomo dovuto alle scoperte, in-
vestendolo di «impia superbia», gli fanno dimenticare il suo debito
di riconoscenza verso chi lo ha creato, quasi che volesse sostituirsi
a Dio nella conoscenza dei cieli
9
.
La Patristica giunge perfino a travisare, o meglio ad attribuire
una diversa accezione a una frase paolina dell’
Epistola ad Romanos
,
«Noli altum sapere, sed time» (11, 20), nella quale il verbo
sapere
,
che significa propriamente “sii saggio” e quindi vuole mettere in
guardia da una superbia morale (“non t’insuperbire”), viene ad ac-
quistare un significato intellettuale, come se l’imperativo volesse
dire “non volere conoscere ciò che sta in alto”
10
. Non casualmente
Agostino reca come esempio di
curiositas
la iattanza di conoscere
fenomeni celesti, quali il numero delle stelle, la misura dei cieli, il
corso degli astri, come se l’uomo pretendesse di sostituirsi all’ope-
ra divina che, come recita un memorabile versetto della Bibbia, ha
disposto «omnia in mensura, et numero, et pondere» (
Sap
., 11, 21).
7
Cfr. S. Lancel,
«Curiositas» et préoccupations spirituelles chez Apulée
, in «Revue de
l’histoire des religions», CXV, 1961, pp. 25-46.
8
Agostino,
Le confessioni
, V, iii, 3, a cura di A. Marzullo, Bologna, Zanichelli,
1968, p. 238.
9
Si veda H. Blumenberg,
La legittimità dell’età moderna
(1966), tr. it. di C. Ma-
relli, Genova, Marietti, 1992, cap. VI (
L’inclusione della curiosità nel catalogo dei vizi
).
10
Si veda per questa parte il magnifico saggio di C. Ginzburg,
L’alto e il basso. Il
tema della conoscenza proibita nel Cinquecento e Seicento
(1976), in Id.,
Miti emblemi spie
,
Torino, Einaudi, 1986, pp. 107-132. Per tutt’altre vie Jan Kott, un critico teatrale
che si è confrontato con il
Prometeo incatenato
di Eschilo, lo ha parimenti definito
la «tragedia della verticalità» (cit. in F. Condello – a cura di –,
Prometeo
, cit., p. 7).
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