Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 197

Il mito di Prometeo in età moderna
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riveste l’identico ruolo, è dimostrato, in età già rinascimentale, dal-
la loro completa identificazione visibile nei repertori di emblemi
e di imprese araldiche. Nella raccolta popolarissima di Andrea
Alciato Icaro è raffigurato mentre dal cielo precipita a capofitto
in mare, preconizzando la fine di chi fa l’astrologo, destinato per
la sua arrogante presunzione a cadere proprio «dum super astra
vehit». Non diversamente Prometeo, fissato nella classica postura
incatenata al suolo e divorato da un avvoltoio, offre la spiegazione
del motto «Quae supra nos, ea nihil ad nos», chiarito con il disti-
co «roduntur variis prudentum pectora curis, / qui coeli affectant
scire, deumque vices» con cui si sancisce che «i petti dei dotti che
vogliono investigare la natura del cielo sono rosi da molteplici af-
fanni». La
princeps
degli
Emblematum libri
, che ebbe un centinaio di
edizioni, è del 1531 e ricava dal mito di Prometeo l’illustrazione
della colpa di
hybris
19
.
Nel giro però di qualche generazione una
vicenda che era generalmente considerata un esempio di superba
tracotanza cambia radicalmente di segno. Ciò che più mette conto
di notare è che il rovesciamento ermeneutico si riscontra proprio
nelle
summe
enciclopediche di emblemi che, costituendo manuali di
consultazione per artisti, letterati e filosofi, attestano una trasfor-
mazione ormai istituzionalizzata in un canone.
Poco dopo la metà del Seicento ancora Carlo Ginzburg ha tro-
vato in una raccolta di emblemi di Marcello Marciano l’effigie di
Prometeo che protende la mano verso il carro del Sole, accompa-
gnata dal motto «Nil mortalibus arduum». Anche in questo caso
esiste in un altro libro secentesco di emblemi un motto equivalente
per Icaro, consistente nell’imperativo «Nil linquere inausum», che
funge da didascalia all’immagine del figlio di Dedalo che volteggia
incolume nel cielo
20
. Se fino allora i due personaggi mitologici era-
no giudicati quasi sempre riprovevoli per la loro sconfinata auda-
cia, da questo momento assurgono prevalentemente a eroi positivi
19
C. Ginzburg,
L’alto e il basso
, cit., p. 112.
20
Ivi, pp. 120-122. Le due opere sono M. Marciano
, P
ompe funebri dell’universo nel-
la morte di Filippo quarto
, Napoli, per E. Longo, 1666, p. 102 e A.B. de Boodt,
Symbo-
la varia diversorum principum
(1603), Amsteledami, apud Y. Haring, 1686, p. 292.
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