Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 187

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Illusioni e delusioni del libero arbitrio
pacità degli esseri umani di non essere dominati dai desideri (cioè
di non ammazzarsi a vicenda per il possesso dei beni o almeno di
non farlo sempre e necessariamente). Per giustificare questo tipo
di libertà, basta un meccanismo regolativo molto semplice che è
il pudore (o nelle
Scienze nuove
, il misto terrore-pudore). Una volta
che questo meccanismo si sia messo in moto, allora gli uomini
possono sentire la loro debolezza e dunque iniziare il
commercium
,
la cooperazione, che è l’elemento decisivo perché la libertà si con-
solidi e si trasformi in mutuo riconoscimento.
Ma il fatto che Vico ci esponga una teoria della libertà così poco
enfatica e così basata su fatti storico-naturali (o potremmo dire di
“storia naturale del genere umano”) non è l’aspetto più rilevante
o, per meglio dire, non lo è da solo. Ciò che conta è che tutto
ciò è inquadrato in una complessiva polemica contro le filosofie
“monastiche” che è la cifra più importante dell’anticartesianesimo
vichiano. Vico ha senz’altro sbagliato a catalogare la posizione te-
ologica di Descartes. Ma la cosa è poco rilevante, perché dal punto
di vista di Vico entrambe le correnti in conflitto hanno lo stesso
difetto di essere correnti “monastiche”, cioè che pensano l’uomo
in rapporto solo con Dio e non con gli altri uomini. Mentre, per
Vico, la cifra caratteristica dell’uomo dopo la caduta è la necessità
che il suo intelletto finito si appoggi sulle conoscenze comuni, sul
senso comune, su pratiche comuni.
Ciò vuol dire dunque che Vico
approva
il fatto che la
religio
pub-
blica consti di riti collettivi e
disapprova
il fatto che qualcuno cerchi
di sottrarsi a tali ritualità in nome della purezza della propria fede
soggettiva. Si spiega cosi la polemica antigiansenistica e antilute-
rana della lettera a Esperti. Tutto il meccanismo che ha messo in
moto la discussione sulla Grazia sta nel fatto che ci si voleva far
ritenere dotati di una fede così pura che essa poteva derivare solo
da Dio, proprio come Cartesio affermava dell’idea di Dio che essa
era così differente dalle altre che solo Dio stesso poteva averla
messa nella nostra mente. A questa analogia non peregrina tra l’a-
gostinismo teologico-morale di luterani e giansenisti e l’agostini-
smo epistemologico della prova cartesiana dell’esistenza di Dio a
partire dalla sua idea, Vico fa corrispondere la sua diagnosi che, in
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