Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 188

Francesco Piro
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ognuno dei due casi, si sta cercando di trovare una via a Dio o una
via al vero che sia tutta interna al soggetto isolato e a misura delle
sue capacità. Il che è appunto erroneo.
Potremmo con un atto di immaginazione completare il discorso
e dire che, a questo atto di soggettivazione nei confronti della fede,
iniziatosi con la reinterpretazione luterana di Agostino, ne corri-
spose un altro opposto e simmetrico da parte dei sostenitori del
concilio di Trento. Questi ultimi cercarono di definire uno spazio
per l’iniziativa individuale proprio nell’ambito di quelle opere pie
che la dottrina della giustificazione per Grazia rendeva irrilevanti.
Essi scelsero di rivolgersi al cristiano medio, non molto convinto
della purezza delle proprie intenzioni ma anche meno infetto dalla
propensione eretica ad ascoltare la voce della propria coscienza,
incitandolo a gestire in prima persona il rapporto con gli strumen-
ti cerimoniali tipici della
religio
pubblica. Essi proposero, in altri
termini, di usare i riti e le cerimonie, sorti per il
pubblico
governo
dei comportamenti e delle menti, come dei
privati
(monastici) stru-
menti di auto-formazione e di auto-orientamento verso il bene,
contribuendo in tal modo a diffondere un ideale di padronanza su
se stessi al quale non erano poi capaci di dare effettiva soddisfa-
zione. Entrambe le strade della teologia morale moderna finirono
così con il contribuire involontariamente alla formazione degli ide-
ali dell’illuminismo, o almeno di quella parte degli ideali illuministi-
ci che Vico trovava francamente detestabili.
In ultima analisi, dunque, l’illusione che Vico contesta per de-
finizione non è il libero arbitrio, ma l’illusione di un individualità
chiusa, monadica, a cui il vero e il bene si rivelino senza mediazio-
ni sociali. Il fatto che egli ne abbia individuato le tre figure cen-
trali in Lutero, Giansenio e Cartesio (senza accorgersi delle loro
gigantesche differenze) è comprensibile alla luce della concezione
vichiana del rapporto
fides
/
religio
. Il grande antagonista del libe-
ro arbitrio
ut sic
non è Vico, ma notoriamente Spinoza. Ma – per
contro – proprio lo Spinoza storico appare ancora pervaso da un
linguaggio non dissimile da quello dei teologi “rigidi” sostenitori
della Grazia efficace, dei quali segue la propensione a iscrivere il
rapporto uomo/Dio e uomo/verità in una chiave di necessità e di
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