Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 382

Geri Cerchiai
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merito nazionalistico della Chiesa per avere restituito al Vico il “volto
italiano”, sgombro dell’“imbarbarimento” e della “nordizzazione” che
avrebbe sofferto per la violenza da me esercitata.
Una volta, concludeva quindi Croce, «i preti, nelle loro vecchie scuo-
le, imparavano a scrivere generalmente con certa correttezza. Ma ora,
a quanto sembra, vivono il loro momento dionisiaco e futuristico»
26
.
4. Non solo la stampa strettamente cattolica indulgeva però a si-
mili argomenti. La
Bibliografia vichiana
di Croce e Nicolini riporta
difatti un paragrafetto espressamente dedicato a criticare il ten-
tativo fascista di ascrivere Vico – assecondando anche le forze
filo-cattoliche e anti-gentiliane presenti all’interno del partito
27
– al
ruolo di precursore di quello sconnesso “nazionalismo romano”
che avrebbe dovuto favorire la “missione civilizzatrice” del regime
in Europa. Il testo dell’accademico d’Italia Francesco Orestano
intitolato
Roma nell’opera di Giambattista Vico
, è così giudicato un
«profluvio di spropositi, indicanti la più compiuta ignoranza degli
scritti del Nostro»
28
; e un capitolo dedicato a
Vichianesimo ai margini
26
B. Croce,
Il Vico e l’ortodossia
, cit., pp. 304 e 305.
27
Si legga a tal proposito quanto scrive C. Cesa ne
I nemici di Giovanni Gentile
(1929-1941)
, in «Giornale critico della filosofia italiana», LXXII, 2004, pp. 1-18,
p. 12: «L’erosione delle posizioni di Gentile si manifestava... in molti settori.
Ai primi del 1937, quasi contemporaneamente alla estromissione di Gentile
dall’Istituto di cultura fascista, venne istituito a Firenze, su iniziativa di Bottai,
il Centro nazionale di studi sul Rinascimento, e commissario venne nomina-
to Giovanni Papini [...]. Uno dei motivi ispiratori del Centro era di opporre
l’“umanesimo” alla temuta egemonia del Terzo Reich: quindi Rinascimento, ma
anche cattolicesimo – e ci fu anche un tentativo di espandersi in Germania, con
Ernesto Grassi. Come che fosse, era singolare che da un Centro di studi sul
Rinascimento Gentile fosse completamente escluso».
28
B. Croce,
Bibliografia vichiana
, accresciuta e rielaborata da F. Nicolini, Napo-
li, Ricciardi, vol. II, 1948, p. 862 (cfr. F. Orestano,
Roma nell’opera di G.B. Vico
,
Roma, Istituto di Studi Romani, 1937). Croce stroncò l’opera anche su «La Criti-
ca» del 1938: «Ammesso […] che giovi venire commemorando gli “esaltatori” di
Roma – della qual cosa io dubito […] – non s’intende come si sia pensato a col-
locare tra quelli, assegnandogli un posto cospicuo, proprio Giambattista Vico»
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