Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 388

Geri Cerchiai
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grafia vichiana, alla base di questo tema è presente, come già detto,
una questione di metodo, questione che è ripetuta pure al princi-
pio dello scritto qui analizzato: «il pensiero, come ogni paternità,
scende, non risale»
41
. Su tale principio, in sé corretto, si appoggia
però adesso l’altra fondamentale tesi della sostanziale estraneità
dell’idealismo al cuore di quella civiltà «cristiana e mediterranea»
42
alla quale apparterrebbe invece l’autore della
Scienza Nuova
: Vico
sarebbe stato capace di intravvedere, o di anti-vedere, come il sog-
gettivismo razionalistico fosse destinato ad aprire le porte a quella
organica barbarie della riflessione la cui maggiore espressione si
sarebbe poi espressa, per il prete modernista, nelle diverse forme
assunte dall’idealismo:
solo nei secoli più recenti l’Italia sembra essersi andata discostando
dalle pure fonti del suo secolare magistero. La corrosione dei suoi più
insigni abiti mentali, delle aspirazioni più alte a norma dei principi
e dei criteri che hanno guidato per millenni la costituzione della sua
unità spirituale, è fenomeno recente. Probabilmente proprio Vico è
stato il primo ad annunciare, con […] presagio chiaroveggente, come,
contaminando le presupposizioni ideali normative della sua storia e
della sua spiritualità, l’Italia sarebbe stata un giorno vittima di una
nuova barbarie. Ultimo rappresentante di una tradizione che si andava
spegnendo solo per una aberrante deviazione del nostro senso morale
e storico, Giambattista Vico avrebbe potuto essere designato come
precursore e annunciatore di quella barbarie concettuale […]. Era
partito dall’assimilazione […] di Tacito e di Platone […]. E, strana
cosa, Tacito con la sua descrizione della barbarie germanica, gli
avrebbe offerto il destro di ricostruire
sub specie aeternitatis
, la forma
tipica della primitiva età barbarica della umanità in genere
43
.
scritti di Ernesto Buonaiuti
, cit., p. XV); e in nota aggiunge: «Il Buonaiuti ha sempre
combattuto l’idealismo, soprattutto perché questo, secondo lui nega l’esistenza
reale del male, nel quale vede soltanto un aspetto negativo del bene» (
ibidem
).
41
E. Buonaiuti,
Giambattista Vico
, in Id.,
I maestri della tradizione mediterranea
,
cit., p. 493.
42
Ibidem
.
43
Ivi, pp. 513-514. «Quando in un avvenire non lontano – aveva già scritto
Buonaiuti nell’
Introduzione
alla raccolta – si potrà, all’indomani di un’esperienza
amarissima, constatare quanto sia stata funesta, alla disciplina della nostra vita
collettiva, una filosofia della storia che condizionava e subordinava il progresso
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