Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 310

Alessia Scognamiglio
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confronti dell’abate, ma anzi giustificandola in nome di Vico
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e
contro Nietzsche
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, così contribuendo ad assegnare a Galiani nel
tempo pure l’imprecisa etichetta di «non filosofo». Mi sembra che
Croce, in questo caso, riprenda una vecchia formula interpretati-
va, legata alla tradizione risorgimentale, secondo la quale il “vero”
Illuminismo italiano – ma pure napoletano – si sarebbe sviluppato
in maniera del tutto autonoma rispetto alla consuetudine europea,
e questo sarebbe accaduto a causa delle radici classiche proprie
della nostra cultura, che avrebbero modificato in senso civile ed
intellettuale i vecchi assunti ideologici ed etico-sociali che sono alla
base della tradizione del Secolo dei lumi
32
. È questa, io credo, la
né negli altri né in lui stesso fecondi di effetti sostanziali» (B. Croce,
Galiani. Di
alcuni suoi detti filosofici
, cit., p. 240, e
supra
, n. 17).
30
Sul rapporto Vico-Galiani dice bene Paolo Amodio quando scrive: «Se vero
problema è il rapporto Vico-Galiani, a me pare che sia questione di ambiente
intellettuale e civile piuttosto che di fonti, informazioni personali o paternità
riconosciute e riconoscibili» (P. Amodio,
Il disincanto della ragione e l’assolutezza del
bonheur
. Studio sull’abate Galiani
, cit., p. 63).
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Cfr. B. Croce,
Il pensiero dell’abate Galiani
, in «La Critica», VII, 1909, pp.
399-404, poi in Id.,
Saggio sullo Hegel seguito da altri scritti di storia della filosofia
,
Bari, Laterza, 1913. Il riferimento di Croce è naturalmente al profilo di Galiani
tracciato da Nietzsche in
Al di là del bene e del male
: «L’abate Galiani, l’uomo più
profondo, più acuto e forse più sporco del suo secolo – egli era assai più pro-
fondo di Voltaire e quindi anche notevolmente meno loquace» (F. Nietzsche,
Al di là del bene e del male. Genealogia della morale
– 1883 –, in Id.,
Opere
, 6 voll. a
cura di F. Masini, Milano, Adelphi, 1968, t. II, p. 34). Nietzsche ritorna ancora
su Galiani nello stesso testo: «Dove oggi si predica la compassione – e, se si
ascolta bene, non si predica oggigiorno alcun’altra religione – apra i suoi orecchi
lo psicologo: attraverso tutta la vanità e tutto il rumore che è caratteristico di
questi predicatori (come di ogni predicatore in genere), potrà udire un rauco,
gemebondo, genuino accento di disprezzo verso se medesimi. Tale disprezzo è
proprio di quell’offuscamento e abbruttimento d’Europa che già da un secolo
stanno crescendo (e i cui primi sintomi sono già annotati a titolo di un docu-
mento in una pensosa lettera di Galiani a Madame d’Epinay): a meno che non
ne sia addirittura la causa! L’uomo delle “idee moderne”, questa scimmia orgo-
gliosa, è smisuratamente insoddisfatto di se stesso: ciò è assodato. Patisce: e la
sua vanità vuole che egli si limiti a “con-patire”» (ivi, pp. 129-130).
32
Sulla controversa lettura condotta da Croce sull’Illuminismo italiano cfr.
G. Cotroneo,
Croce e l’Illuminismo,
Napoli, Giannini, 1970; E. Nuzzo,
Il “giova-
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