Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 309

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Borie, antiquaria, vetero-classicismo
Certo, l’esperimento intellettuale di Galiani rischia di apparire,
ad uno sguardo superficiale e poco attento, come l’avventura di
un dilettante e di un indolente, non sempre capace di mettere a
frutto la sua straordinaria intelligenza a causa del rifiuto della si-
stematicità del pensare, e a favore di una curiosità tutta terrena e
di un desiderio di scandagliare il mondo casuale, e sempre aperto
a tutto. Eppure proprio la pigrizia e la curiosità, sulle quali hanno
tanto insistito pure Croce e Nicolini – il cui incontro e sodali-
zio intellettuale avvenne, caso vuole, proprio grazie alle carte di
Galiani che erano in possesso della famiglia Nicolini
26
, e tramite le
quali il giovane Fausto incominciò ad intraprendere la carriera di
pubblicista
27
– sono una scelta culturale ben precisa e determinata,
come emerge con prepotenza pure dall’epistolario. La sua inco-
stanza – che in più di un’occasione Croce rimprovera, definendo
galianisme
il dannoso demone della pigrizia e dell’apatia intellettua-
le, che si adoperava a sprecare le intuizioni geniali di un’intelligenza
non comune – è invece solo una lucida presa di coscienza, da parte
di Galiani, del fatto che a Napoli egli ha ancora molto da espri-
mere, ma che gli manca, per poterlo fare al meglio, ciò che nella
Correspondance
invidia agli amici francesi, e cioè la gioia di vivere,
il piacere di un dialogo intenso, l’eterna “primavera” culturale di
Parigi, insieme a quell’aristocrazia dell’
esprit
che solo i circoli della
capitale francese potevano assicurare, e che invece a Napoli era del
tutto assente
28
.
A volte persino Croce sembra capire questa sua struggente no-
stalgia e, pur non giustificandola del tutto, gli concede parte del-
la sua indulgenza
29
, mai celando però la propria avversione nei
26
Cfr. F. Nicolini,
I manoscritti dell’abate Galiani
, in «La Critica», I, 1903, pp.
393-400.
27
Cfr. Id.,
Benedetto Croce,
Torino, Utet, 1962, cfr. in part. pp. 183-187; P. Pio-
vani,
Elogio di Fausto Nicolini
, Napoli, Morano, 1967, cfr. in part. pp. 19-20.
28
Cfr.
supra
, n. 19.
29
«Che cosa gli mancava, dunque, a Napoli? Gli mancava il salotto: quel sa-
lotto così propizio alla esplicazione delle sue doti di conversatore e di uomo di
spirito, ma non altrettanto delle virtù più solide che pur possedeva, e che nel sa-
lotto parigino si atteggiarono o risuonarono come motti di spirito e non furono
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