Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 320

Armando Mascolo
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Volgendo retrospettivamente il proprio sguardo all’avventura
intellettuale segnata dalla generazione del ’98, Unamuno ne coglie
dunque il momento forse più significativo nel suo strenuo tentati-
vo di recuperare ad ogni costo il valore della persona umana nella
sua interezza. In una congiuntura storica in cui tale valore veniva
completamente vituperato e messo da parte, schierarsi in favore
dell’uomo significava assecondare una profonda e insopprimibile
esigenza interiore che imponeva di salvare innanzitutto se stessi,
l’uomo concreto, l’uomo in carne ed ossa, condizione preliminare
e indispensabile, secondo Unamuno, per potersi poi lanciare in
soccorso della patria, della cultura, della tradizione.
La crisi che attraversò la Spagna di fine Ottocento, in effetti, fece
emergere una soggettività esasperata, una sorta di “individualismo
egolatrico”, un vero e proprio “culto dell’io”, cioè, quale naturale
contrappunto della critica rivolta contro la deprecabile situazione
spagnola e lo stato di cose vigente. L’“io” al quale qui si fa riferi-
mento però, è bene precisarlo, è, in senso più ampio, l’“io” della
crisi o fine della Modernità, un io critico, cioè, sia verso la metafi-
sica che verso la scienza, acerrimo nemico dello spirito di sistema,
ribelle e iconoclasta demolitore delle vecchie tavole dei valori, ma
al contempo ansioso di una nuova rivelazione che poteva darsi sol-
tanto nell’esperienza esacerbata di sé, nel vissuto estremo dell’atto
creatore. Questa insopprimibile esigenza di creatività appare infatti
animata dalla stessa, smisurata grandezza della crisi nella quale si è
perso qualsiasi punto di riferimento. È proprio qui che risiede quel
paradossale legame tra nichilismo ed egotismo che fiorì sul finire
del XIX secolo. L’io ferito e trapassato dal nichilismo, infatti, è un
io che si attiene esclusivamente a se stesso, nella sua irrimediabile
solitudine, e che da solo deve fare i conti con l’estrema esperienza
di esistere in un’età post-metafisica conseguente all’affermazione
nietzscheana della “morte di Dio”. Quando crolla ogni assoluto
e qualunque punto di riferimento viene meno, l’io non può che
concepire se stesso in maniera assoluta e incondizionata. Risulta in
a cura di M. García Blanco, Madrid, Afrodisio Aguado, 1958, vol. X, pp. 406-
409, 407 (corsivo mio).
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