Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 298

Alessia Scognamiglio
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2. Chi fosse veramente l’abate Galiani è uno degli interrogativi più
frequenti che deve porsi lo studioso che si avvicina alla poliedrica
e brillante personalità di quest’uomo
1
: Galiani il libertino, l’esper-
to di economia, l’
homo
politicus
, il
petit abbé
brillante animatore dei
1
Ferdinando Galiani nacque a Chieti, il 2 dicembre del 1728, dove il padre
Matteo si trovava allora in qualità di regio uditore. All’età di otto anni si trasferì
a Napoli insieme al fratello Berardo presso lo zio Celestino Galiani, Regio Cap-
pellano Maggiore alla corte borbonica e figura centrale della vita intellettuale e
scientifica del tempo, oltre che animatore della celebre Accademia delle Scienze.
A Napoli venne pertanto in contatto con un
humus
culturale straordinariamente
vivace, e suoi maestri furono Marcello Cusano, Alessandro Rinuccini, e Barto-
lomeo Intieri, che lo accolse nella sua villa di Massa Equana e che segnò pro-
fondamente la sua vita intellettuale. Conobbe e frequentò i maggiori studiosi
e letterati del tempo ed ebbe a completa disposizione una biblioteca – quella
della famiglia Galiani – che a Napoli insieme a quella di Giuseppe Valletta an-
noverava, tra i suoi titoli, quasi tutte le pubblicazioni scientifiche, e vecchie e
nuove, comprese quelle di circolazione clandestina e quelle ufficialmente messe
all’indice. Incominciò molto presto ad interessarsi alla filosofia antica e contem-
poranea, si appassionò agli scritti di Machiavelli, agli studi giuridici, alle scienze
matematiche, alla geografia e alla mineralogia, facendosi addirittura apprezzare
nei salotti napoletani come straordinario cembalista ed esperto di musica. La
sua intelligenza era particolarmente duttile e ricettiva, e questo gli permise di
elaborare una posizione intellettuale molto personale ed eccentrica che si ac-
compagnava, tuttavia, ad una condotta di vita oltremodo spregiudicata, sebbene
ben presto prese i voti e non di certo per vocazione, ma piuttosto per potere
contare su di una rendita economica stabile. Nel gennaio del 1759 fu nominato
Segretario di Stato e Casa reale, e quindi inviato da Bernardo Tanucci a Parigi
con l’incarico di Segretario di Ambasciata. Gli anni trascorsi nella capitale fran-
cese furono – secondo quanto egli stesso riferisce – i più belli della sua vita. A
Parigi, tuttavia, Galiani si attirò le antipatie del duca di Choiseul, ministro della
politica estera francese, il quale nel 1769 lo fece richiamare a Napoli, dove al suo
rientro trascorse anni piuttosto bui, adempiendo con una certa noia ai doveri
di funzionario di Stato. Morì a Napoli il 30 ottobre del 1787. Tutte le biografie
di Ferdinando Galiani si rifanno sostanzialmente a L. Diodati,
Vita dell’abate
Ferdinando Galiani, Regio Consigliere &c &c &c.,
Napoli, Orsino, 1788. L’opera
del Diodati, condotta con palese intento apologetico, è ben documentata, ed ha
il merito di porre l’accento sul Galiani “serio”, nulla concedendo all’immagine
dell’abate giocoso e “pulcinellesco”, che si andava accreditando attraverso certi
aspetti delle testimonianze dei contemporanei (come ad esempio di Voltaire e
Diderot), che l’avevano visto brillante animatore dei salotti parigini, o l’avevano
inteso
bavarder
, ormai inacidito e disincantato, negli anni dell’“esilio” napoletano.
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