Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 293

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La
hybris
dell’aspirazione alla longevità
Per il nostro discorso non vale la pena soffermarsi sulle tesi di
Buffon sulla fisiologia dell’invecchiamento che non presentano
particolare originalità scientifica e si limitano ad ammodernare e
razionalizzare immagini e temi della tradizione biologica aristoteli-
ca
22
. Vediamo piuttosto come l’aspettativa di vita assegnata nel 1749
agli ultraottantenni sia funzionale alla strategia di rivalutazione della
vecchiaia messa in atto nell’
Addition
del 1777 ricca di
pathos
e con-
siderazioni autobiografiche su come affrontare l’autunno della vita.
Collocare, come fa Buffon, il dover morire in un futuro di volta
in volta rinviato è il presupposto per vivere intensamente il pre-
sente e guardare al passato senza l’angoscia che assilla l’animo di
quanti patiscono la vecchiaia come anticipazione della morte, pa-
ralizzati in un’inedia quotidiana avvelenata dal rimpianto di un’im-
maginaria felicità perduta che è l’ultimo anelito della folle vanità di
non invecchiare mai.
L’uomo saggio, al contrario, trasforma il tempo cronologico in
vita vissuta, e per un vecchio tre anni rappresentano una vita intera
se adegua le proprie azioni e i propri desideri ai soli impulsi della
saggia natura: «noi non saremo mai vecchi se il nostro morale resta
giovane; il filosofo deve considerare la vecchiaia come un pregiu-
dizio, come un’idea contraria alla felicità dell’uomo»
23
.
22
Cfr. J. Roger,
Un autre Buffon
, cit., pp. 93-96; C. Milanesi,
Morte apparente
e morte intermedia. Medicina e mentalità nel dibattito sull’incertezza dei segni della morte
(1740- 1789)
, cit., pp. 149-154.
23
Cit. da G.L. Buffon,
Addition a l’article de la vieillesse et de la mort
.
Servant de
suite à l’Histoire natutelle de l’homme
, Paris, de l’imprimeire Royale, 1788. Non solo
i giovani vivono la pienezza della vita. A loro si rivolge provocatoriamente Buf-
fon: «Ogni giorno che mi alzo in buona salute, non ho forse il godimento di tale
giorno altrettanto totale e presente quanto voi?». Alla domanda su quali fossero
stati i venti anni della vita che più rimpiangeva, l’ormai vecchio Fontanelle aveva
risposto che rimpiangeva ben poco ma che gli anni stati più felici erano quelli
tra i cinquantacinque e i settantacinque. Un’affermazione che secondo Buffon
esprimeva una profonda verità. Intorno a cinquantacinque anni, infatti, i giochi
sono fatti, nella vita privata come in quella pubblica, le passioni raffreddate e
da quel momento ci si può dedicare alle proprie occupazioni con serenità e
costanza. Per una sorta di compensazione naturale con la vecchiaia si acquista
sotto il profilo morale più di quanto si perda nel fisico, almeno fino a quando le
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