Roberto Evangelista
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ruolo attivo nella costituzione delle forme della scienza e traccia un
legame forte tra il metodo della scienza e l’essenza; tra l’operare e
l’essere; tra il fatto e il vero. La strada che Rossi percorre e che tanto
peso avrà nella riflessione tardo settecentesca a partire da Vico, è
una strada alternativa al cartesianesimo, sebbene da esso riprenda
gli aspetti più razionalistici. L’abate, più o meno direttamente, non
può evitare di mettere al centro della sua antropologia la nozione di
ingegno
, come aspetto più rappresentativo della mente umana, per-
ché unificatore della metodologia della conoscenza e dell’essenza
della mente. L’ingegno è ciò che permette di conoscere e di
unificare
.
Questa unificazione, che ha anche una funzione di adeguamento
della particolarità, non è di per sé una generazione dal nulla; l’uomo
di Rossi non è il fabbro dei propri strumenti mentali, non ha la fa-
coltà di creare una forma culturale, né crea la sua storia. Però, l’uni-
ficazione dell’ingegno prende su di sé alcuni aspetti della creazione.
Unendo, l’uomo crea forme nuove, dà un senso alla particolarità, si
muove tra le esperienze caotiche e scopre la necessità della natura
divina. Le forme che l’uomo crea gli permettono di avvicinarsi a
un ordine divino, assottigliano – per così dire – la materialità delle
esperienze particolari. L’uomo che crea le forme non è simile a
Dio, tanto da poter conoscere solo quello che fa; l’uomo che crea
le forme, fa scienza e dunque conosce l’essenza, perché insieme alle
specie mondane conosce l’unità e l’universalità della mente divina,
facendo esperienza della
autorità
della mente propria.
Il cerchio in qualche modo si chiude e si vede come in Rossi
epistemologia e ontologia coincidano e come il punto di vista pri-
vilegiato di questa coincidenza sia la natura umana. L’antropologia
di Rossi non recepisce l’accurata definizione e descrizione delle
passioni umane. Rimane immune da una tradizione molto forte
nella riflessione continentale tra ’500 e ’700
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. Tradizione che evita
anche Vico sebbene, nella sua narrazione, le passioni relative alla
paura e alla reverenza giochino un ruolo fondamentale come in
tutti i discorsi politici della modernità.
93
A proposito della storia politica delle teorie degli affetti tra XVI e XVIII
secolo, si veda l’importante saggio di R. Bodei,
Geometria delle passioni. Paura,
speranza e felicità: filosofia e uso politico
, Milano, Feltrinelli, 1991.
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