Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 340

Matteo Palumbo
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correggerà si cristallizzerà. Almeno non resterà quale è priva di rilievo,
sepolta non appena nata, con quei giorni che vanno via e s’accumulano
uno eguale all’altro a formare gli anni, i decenni, la vita tanto vuota,
capace soltanto di figurare quale un numero di una tabella statistica del
movimento demografico. Io voglio scrivere ancora
5
.
Scrivere diventa una resistenza contro la catastrofe del tempo, da-
vanti all’orrore dei giorni svaniti e alla loro fragile caducità. Agisce
come difesa della vita. Crea «intonazione» e senso. Scopre potenzia-
lità ignote dentro il nascere e morire che costituisce la regola delle
esperienze umane. La storia individuale, attraverso le parole, «si ripe-
terà si correggerà si cristallizzerà»
6
. Sarà «più chiara o più oscura», ma
acquisterà, comunque, un nuovo significato. Diventerà più intensa e
più vigorosa. Si rinnoverà, riapparirà di nuovo e guadagnerà una ric-
chezza inavvertita, sconosciuta, che solo le parole sapranno donare.
La psicoanalisi non si identifica, dunque, per il disincantato
Zeno, con nessun rimedio, che sia adeguato alle aritmie dell’esi-
stenza. Coincide, piuttosto, con l’intelligenza della coscienza, che
osserva, rinomina, rivede costantemente gli eventi della vita. La
scienza ottusa del dottor S. è rimpiazzata dall’attività rivitalizzante
della scrittura, la sola pratica che permette di «ridare importanza ad
un passato che più non duole e far andare via più rapido il presen-
te uggioso» (p. 1048). Zeno, così, non può che riprendere «i […]
cari fogli» (
ibidem
). Il bilancio dell’esistenza, trascorsa senza la loro
medicina e senza la loro compagnia, registra un vuoto completo:
Da un anno non avevo scritto una parola, in questo come in tutto
il resto obbediente alle prescrizioni del dottore il quale asseriva che
durante la cura dovevo raccogliermi solo accanto a lui, perché un
raccoglimento da lui non sorvegliato avrebbe rafforzati i freni che
impedivano la mia sincerità, il mio abbandono (
ibidem
).
5
I. Svevo,
Le confessioni del vegliardo
, in Id.,
Romanzi e “continuazioni”
, cit., pp.
1116-1117.
6
Per la possibile correlazione di questa idea «con la vocazione tutta ebraica
di correggere il mondo, investendo di questo compito anche la scrittura», si
veda L. De Angelis,
Qualcosa di più intimo. Aspetti della scrittura ebraica del Novecento
italiano: da Svevo a Bassani
, Firenze, Giuntina, 2006, p. 92.
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