Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 346

Matteo Palumbo
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Eppure egli si arroga un grande sapere. Non un sapere qualunque,
ma il sapere assoluto, che gli fa intendere il senso segreto delle cose
umane. Al proprio figlio può spingersi a dire, con piena temerarietà:
Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch’è giusto e vero e anche
quello che non lo è […] Non so dirti nulla, proprio nulla […] Eppure
so tante cose, anzi tutte le cose io so. Dev’essere effetto della mia
grande esperienza.
Questo padre Onnisciente, capace di separare il vero dal falso e
il bene dal male, non riesce, tuttavia, a trovare quella parola decisi-
va, «una sola»
14
, che avrebbe rivelato ogni segreto e che, invece, «gli
era sfuggita per sempre»
15
.
La moglie di Zeno appartiene a un’identica razza. Conosce un
firmamento di stelle fisse, solidamente strutturato intorno a prin-
cipi indiscutibili e permanenti. Gli oggetti, il tempo, i riti della vita
quotidiana appaiono ordinati in un sistema che ha la pesante rigi-
dità di una successione invariabile. Qualunque infrazione è esclusa.
La rigida monotonia di una prevedibilissima e opaca normalità si
impone su ogni cosa e vince senza incertezze:
Se anche la terra girava non occorreva mica avere il mal di mare!
Tutt’altro! La terra girava, ma tutte le altre cose restavano al loro posto.
E queste cose immobili avevano un’importanza enorme: l’anello di
matrimonio, tutte le gemme e i vestiti, il verde, il nero, quello da
passeggio che andava in armadio quando si arrivava a casa e e quello
di sera che in nessun caso si avrebbe potuto indossare di giorno, né
quando io non m’adattavo di mettermi in marsina. E le ore dei pasti
erano tenute rigidamente e anche quelle del sonno. Esistevano, quelle
ore, e si trovavano sempre al loro posto
16
.
14
«Quello che io cerco non è complicato affatto. Si tratta anzi di trovare una
parola, una sola e la troverò» (ivi, p. 664).
15
«La parola che aveva tanto cercata per consegnarmela, gli era sfuggita per
sempre» (ivi, p. 680). Sul valore simbolico della morte del padre nella
Coscienza di
Zeno
, mi permetto di rinviare a M. Palumbo,
La «gaia coscienza»
, in F.P. Botti - G.
Mazzacurati - M. Palumbo,
Il secondo Svevo
, Napoli, Liguori, 1982, pp. 74-135.
16
I. Svevo,
La coscienza di Zeno
, cit., pp. 787-788.
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