Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 17

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Manuela Sanna
Borie e immaginazione di cose lontane e distanti
Il concetto di Boria è nelle pagine vichiane non disgiungibile dalla
specificità della nuova scienza, che nasce e si concretizza come
riparazione all’errore del metodo conoscitivo che la boria promuo-
ve. In questo intervento privilegeremo l’aspetto della Boria che si
lega alla conoscenza immaginativa, nella sua dimensione formativa
e insieme deformativa. Boria foriera di errore ma insieme insop-
primibile capacità naturale dell’uomo, che provvede a deformare
almeno quattro coppie di opposti: piccolo-grande, lontano-vicino,
separato-unito, vuoto-pieno. E con queste categorie mette a punto
e corregge una riflessione sulle origini e sulla nascita, condotta in
maniera molto diversa da quella approntata nell’ormai lontano
De
antiquissima
. Senz’altro
topos
– come è stato riconosciuto da molti –,
ma anche strumento metodologico per rappresentare il meccani-
smo insieme analogico e mimetico che caratterizza la conoscen-
za ai suoi esordi. D’altra parte, il termine ricorre in Vico, insieme
agli aggettivi “vana” e “vano”, anche in forma neutra, per indicare
genericamente la vanagloria, come la forma “boria d’ingegno”, o
“credersi degno per boria”, accanto alle forme più specificamente
euristiche collegate alla greca
hybris
.
E Bacone la fa qui da padrone, quel Bacone che – si è detto tan-
to, soprattutto per voce dell’entusiasmo di De Mas, come ebbe a
definirlo Fassò
1
– interviene a risolvere in Vico l’antitesi interna tra
Platone e Tacito, e che Vico probabilmente incontra negli ultimi
anni del 1600 e lega nel
De ratione
quasi esclusivamente all’intro-
duzione del metodo induttivo, e in seguito al tema della
sapientia
veterum
. La distinzione tra “immaginare” e “intendere”, che si farà
più specifica nelle redazioni della
Scienza nuova
, è di fatto funzio-
nale per distinguere nettamente tra una “sapienza riposta” e una
“sapienza volgare”, tra due diversi modi di “sapere”; parlando di
1
G. Fassò,
Vico e Grozio
, Napoli, Guida, 1971.
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