Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 83

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La «boria delle nazioni»
è legato all’universale principio primario della «sicurezza» che quella
deve tutelare, in effetti ha ben poco a che fare con la dimensione
di una patria naturale. Per i «popoli disciplinati […] nella sicurezza
della patria il libero esercizio della religione, la sicurezza della vita, e
della propria casa, e de’ figliuoli sta appoggiata»
30
. Se i popoli devono
amare la propria patria «in quella guisa che le piante, per così dire,
amano il terreno, nel quale stanno fisse le loro radici», è perché que-
sto è il terreno necessario ad ogni vita civile; onde, una volta accet-
tata la valenza utilitaria di un tale principio impersonale, la difficoltà
poi (in verità poco avvertita da Doria) di un’adeguata fondazione
dell’eroismo patrio, in ragion del quale i popoli «devono preferire l’a-
mor di lei a quello della vita, considerando sempre, che lei distrutta,
non sono stabili gli averi, non è sicura la vita, ed ogni cosa si perde»
31
.
Il discorso fin qui condotto su Doria – sulle materie largamente
intrecciate dei fattori causali dei caratteri delle nazioni, dei modelli
di nazione, delle identità patrie – potrebbe essere allargato e appro-
30
Mi limito qui a richiamare soltanto l’importanza del tema della «sicurezza»
delle persone e dei beni nel pensiero doriano in ordine a rimodulazioni moderne
dell’idea di patria politica e di popoli civili. E ciò anche pensando ad una linea
storiografica, sviluppatasi con qualche fortuna (forse eccessiva) negli ultimi de-
cenni, specie attorno all’idea che quella problematica della sicurezza avrebbe
significato, con Machiavelli e i suoi continuatori (anche un autore come Doria?),
il
«
ripudio del repubblicanesimo classico
»
. Ho utilizzato un’espressione adottata
da uno degli studiosi che si è distinto nella linea storiografica richiamata, Paul
A. Rahe (cfr. Id.,
Antiquity Surpassed: The Repudation of Classical Republicanism
, in
Republicanism, Liberty, and Commercial Society, 1649-1776
, Stanford, Stanford Uni-
versity Press, 1994, pp. 233-269).
31
P.M. Doria,
La vita civile…
,
cit., p. 151. Ma sull’identificazione dell’amore per
una patria virtuosa con la virtù, e quindi sull’essere nella sua vera natura insuscet-
tibile di eccesso, già ivi, p. 84: «L’amore poi della patria è quello, che non sofferi-
sce alcun’eccesso, come quello, ch’è lo stesso, che l’amore della virtù: perché, chi
ama una patria, virtuosa, ama la religione, e le leggi; le quali sono lo stesso, che le
norme della vera virtù, ed il sostegno di quello, ch’è il principe, e la repubblica.
Oltrechè tutti gli amori, cioè di se stesso, della casa, e de’ figliuoli, in questo si
restringono: onde egli è da riputarsi fra le classi di quegli amori, che si denno
preferire alla vita: perché con la perdita della patria ogni cosa diviene infelice».
In effetti quell’amore «può alcune volte volte traboccare, per cagione del troppo
ardente desiderio di gloria nell’eccessivo amore di conquista» (
ibidem
). Con il che
si complica il sapore complessivamente machiavelliano di una simile posizione.
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