Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 450

Marco Vanzulli
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con le forme particolari della produzione e del consumo, o piuttosto
della prestazione e della distribuzione che esse presuppongono;
senza contare i fenomeni estetici ai quali mettono capo questi fatti e i
fenomeni morfologici che queste istituzioni rivelano
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.
In un’accezione larga del termine, e tenendo fortemente in con-
siderazione i precetti metodologici e ontologici tratti dal pensiero
vichiano, potremmo definire irrazionalista ogni concezione teorica
che non ammetta il carattere costitutivo della genesi socio-storica
rispetto alla natura del fenomeno studiato; e che ritenga la ragione
impotente a penetrare i nessi reali degli oggetti, e quindi anche la
sfera del sacro e del religioso. Di qui nasce la tendenza vitalistica
a considerare la ragione non soltanto come uno strumento inade-
guato a cogliere la vera natura delle cose, ma anche come il prodot-
to di un’epoca di decadenza.
Se il riferimento all’idealismo riveste per queste dottrine irrazio-
nalistiche una certa importanza – anche se talvolta si tratta di un
riferimento vago e non soggetto a una vera e propria articolazione
teorica –, è al metodo fenomenologico che esse si rifanno diretta-
mente e fondamentalmente. È certo, lo ripetiamo, soltanto con le
teorie antropologiche e di filosofia della religione di Rudolf Otto,
di Eliade, di van der Leeuw, di Kerényi e di Jung che abbiamo a
che fare con un’espressione sviluppata di quell’attitudine irrazio-
nalista che è qui in questione; la quale, tuttavia, si presenta come
un’applicazione, non solo possibile, ma anche in un certo senso
privilegiata, del metodo fenomenologico husserliano, che diventa
perciò una vera e propria via maestra all’irrazionalismo. Husserl si
propone, come è noto, di fondare la filosofia come scienza rigo-
rosa, e di trovare la giustificazione e l’effettuazione più completa
della ragione della tradizione occidentale, riprendendo, tra gli altri,
la lezione di Platone, di Cartesio, di Kant. Da dove proviene allora
la possibilità di un’applicazione in senso così decisamente irrazio-
nalistico del metodo fenomenologico? In altri termini, qual è il
fondamento che essa trova nella fenomenologia husserliana, che
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M. Mauss,
Sociologie et anthropologie
, Paris, Puf, 2004, p. 147; tr. it. di F. Zanni-
no,
Teoria generale della magia e altri saggi
, Torino, Einaudi, 2000, p. 157.
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